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Cronaca

Brugnaro vuole vendere l'arte? Daverio: "Eticamente è criminale" Sgarbi: "Logico, che muoia Klimt"

Cipriani e Cgil si schierano rispettivamente pro e contro la vendita, Franceschini liquida tutto ma il sindaco appare fermo sulla propria idea

"La situazione di bilancio di Venezia è nota a tutti, per cui c’è la volontà di fare un approfondimento in questo senso: in mancanza di altre risorse, la necessaria salvaguardia della città potrebbe anche dover passare attraverso la rinuncia ad alcune opere d’arte cedibili perché non legate, né per soggetto né per autore, alla storia della città.”

Questa è, pur in estrema sintesi, la posizione del primo cittadino di Venezia: la dichiarazione, ma ancor più la confermata intenzione di dar seguito a quelle che si spera restino solo parole, ha ovviamente suscitato forti reazioni sia tra i cittadini che tra gli addetti ai lavori, creando come ci si poteva aspettare due schieramenti. A favore della vendita delle due opere (La Giuditta II di Klimt ed il Rabbino di Vitesbkgall) si sono schierati il critico d’arte Vittorio Sgarbi e Arrigo Cipriani, patron del noto Harry’s Bar.

Entrambi seguono la linea della “non appartenenza” delle opere al tessuto della città, queste le parole di Sgarbi all’Adnkronos: “Nessuno va a Venezia per vedere Klimt e dovendo scegliere fra Venezia e Klimt, è meglio che muoia Klimt. Brugnaro ha fatto benissimo, la sua idea è davvero interessante e molto logica. Non si tratta di vendere un Canaletto o un Tiziano. Si parla di opere che non sono legate alla storia di Venezia - continua il critico - Klimt a Venezia è un corpo estraneo, il suo quadro può stare ovunque, a Parigi come a New York. Sono autori che sono stati comprati negli anni passati e quindi possono essere venduti".

In passato lo stesso Sgarbi aveva sempre bocciato le proposte di vendere opere d'arte del patrimonio per “fare cassa”, cosa è cambiato questa volta? “Fino ad oggi – risponde - si era sempre parlato di mettere all'asta opere di deposito, minori, che nessuno conosce e che quindi nessuno comprerebbe. Il sindaco di Venezia invece ha fatto una proposta interessante. Il quadro di Klimt varrà almeno 200 milioni e quello di Chagall almeno 80 - conclude il critico d'arte - si tratta quindi di quadri importanti, che possono davvero risolvere i problemi di una città". Cipriani è appunto della stessa idea: “Non penso sia uno scandalo vendere due quadri che non fanno parte della storia di Venezia. Io credo che bisogna cercare i soldi dove ci sono e Venezia ha un patrimonio nascosto inestimabile. Quindi se si potessero vendere, e fanno parte appunto del patrimonio di Venezia, non vedo perché non si possano alienare. Bisogna trovare – conclude - tutte le soluzioni possibili per risanare il bilancio.”

Al partito dei pro si oppone quello dei contro, Philippe Daverio – altro noto critico d’arte, le cui apparizioni in televisione si sono tuttavia limitate strettamente alla sua professione – risponde su Adnkronos: “L'idea di Brugnaro è illegittima dal punto di vista amministrativo, il sindaco dovrebbe sapere che la spesa corrente e la spesa in conto capitale non possono confondersi, non si può vendere un palazzo pubblico per pagare i netturbini, altrimenti a Roma avrebbero risolto tutti i problemi in un attimo.

Depauperare i musei veneziani - aggiunge Daverio - da un punto di vista etico è criminale. Inoltre, il fatto che Klimt sia scritto con la 'k' non vuol dire che non sia veneto. La sua arte infatti - spiega il critico - deriva dalla cultura veneziana e dall'arte dei mosaici di Ravenna. Quindi è da analfabeti dire che Klimt non c'entra nulla con il Veneto perché è un prodotto dell'arte dell'Alto Adriatico".

In quella che sembra una lotta a squadre si schiera anche la Cgil, con una lettera indirizzata proprio a Brugnaro da cui emerge la speranza, oltre che il suggerimento, che il primo cittadino torni sui propri passi: "Vendere quei quadri, tra l'altro straordinari, è come spegnere una luce, consegnare una parte di patrimonio pubblico prezioso". A sottolinearlo è Andrea Lenarduzzi della Cgil di Venezia.

"Signor sindaco, non consideri la crescita culturale un fattore secondario - aggiunge il sindacalista rivolgendosi a Luigi Brugnaro -  non faccia percepire ai cittadini che un'opera d'arte che loro posseggono (il patrimonio in vendita appartiene a tutti noi), è una merce. Li faccia esporre quei quadri - sottolinea ancora - e valorizzi tutto il patrimonio della città, che è essa stessa tutta patrimonio, e non un luna-park per il turismo mordi e fuggi, li renda patrimonio della collettività e valore condiviso e orgoglioso. Ci porti gli operai e i loro figli a vederli quei quadri e trovi anche qualcuno che glieli spieghi, quei quadri". Per la Cgil "la rinascita della città e dei sui cittadini, parte anche da qui".

Insomma un testa a testa: gli addetti ai lavori si espongono, il ministro per i Beni e le Attività Culturali Franceschini liquida tutto con “è solo una battuta” ma intanto Brugnaro appare più fermo che mai sulle proprie posizioni. In un Paese che sull’arte può e deve contare, in una città come Venezia a maggior ragione, non è ancora abbastanza chiaro cosa bisognerebbe tenersi stretti e cosa no?

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