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Cronaca Eraclea

Casalesi di Eraclea, il commercialista del boss: «L'ho denunciato alla finanza»

Di Corrado avrebbe segnalato anomalie contabili alle fiamme gialle. Lo scagnozzo Celardo sminuisce: «Sono solo barzellette»

Le intercettazioni in cui il boss Luciano Donadio lo invitava a portare al suo cospetto - trascinandolo «per le orecchie» - l'imprenditore di turno da indimidire erano solo «vanterie»: a sostenerlo è Raffaele Celardo, imputato nel processo alla cellula del clan dei Casalesi attiva nella zona di Eraclea.

Celardo, figlio del deceduto Domenico - ritenuto il collegamento tra Luciano Donadio e il ras della Mala del Brenta Luciano Maritan - ha reso esame dinanzi alla corte presieduta dal giudice Stefano Manduzio del tribunale di Venezia, sminuendo il contenuto delle intercettazioni tra lui ed il presunto boss Donadio, di Casal di Principe: «Erano barzellette», ha detto. Per gli inquirenti Celardo avrebbe fatto parte del sodalizio guidato da Donadio con il compito di individuare le vittime da sottoporre ad estorsione.

Ha risposto alle domande degli inquirenti e dei difensori anche Carmelo Floridia, che ha parlato dei suoi rapporti con Donadio al quale avrebbe fornito una società con la quale venivano truffati i creditori (i materiali non venivano pagati e sarebbero stati rivenduti sottobanco). Nel corso dell'udienza ha reso spontanee dichiarazioni anche il commercialista Angelo Di Corrado che ha spiegato di aver svolto per alcune società riferibili a Donadio solo il ruolo di consulente del lavoro, mentre per altre società avrebbe anche denunciato alla guardia di finanza alcune anomalie contabili, riservandosi di produrre documentazione in tal senso.

Si torna in aula fra due settimane. Nel collegio difensivo sono impegnati tra gli altri, gli avvocati Giuseppe Brollo, Giuseppe Stellato, Antonio Forza, Calò, Franceco Petrelli, Stefania Pattarello, Simone Boscolo, Gentilini e Fragasso. 

Il processo vede alla sbarra una quarantina di imputati tra cui Luciano Donadio, considerato il boss di Eraclea, Raffaele ed Antonio Buonanno di San Cipriano d'Aversa ed Antonio Pacifico, di Casal di Principe. Secondo quanto emerso dalle indagini il gruppo, guidato da  Donadio e Raffaele Buonanno, si era insediato nel Veneto orientale dagli anni '90, andando a rilevare le attività che erano sotto l'egemonia della Mala del Brenta. In questo modo il gruppo legato al clan dei Casalesi, fazione Bidognetti, era riuscito a conquistare il controllo di una parte del tessuto economico locale, dall'edilizia alla ristorazione, oltre ad imporre un "aggio" per il narcotraffico e lo sfruttamento della prostituzione. L'organizzazione criminale, dedita all'usura ed all'estorsione, avrebbe destinato, secondo gli inquirenti della Dda, parte dei proventi illeciti per sostenere i carcerati di alcune famiglie storiche del sodalizio Casalese.

L'articolo originale su CasertaNews.

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