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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Fusina

Centrale elettrica Palladio di Fusina, destino sempre più incerto

La Sen, strategia energetica nazionale del 2017, parla di chiusura degli impianti a carbone entro il 2025. Ma questo impianto brucia anche la quota combustibile dei rifiuti dell’area metropolitana

Centrale Palladio: la situazione dell'impianto di produzione di energia elettrica di Fusina ha il destino incerto a giudicare dalla preoccupazione manifestata in modo sempre più palese dai rappresentanti dei lavoratori. La centrale conta oggi in Enel 235 lavoratori in organico, di cui circa la metà è under 40, e un numero equiparabile di addetti delle imprese in appalto stabilmente in attività. Il numero di addetti durante i periodi di manutenzione, programmata almeno una volta all’anno, praticamente raddoppia.

Un lungo passato

Il capitolo produzione di energia è ampio quanto gli ultimi 60 anni di storia del Paese. Fino all'assenza di politiche energetiche dei governi attuali e le clausole a tutela dell'ambiente imposte dalle norme internazionali e da una sensibilità sempre più diffusa e forte sulle tematiche legate all'inquinamento. Siamo passati attraverso un referendum popolare che meno di 10 anni fa ha bocciato sonoramente le centrali nucleari, dopo il disastro giapponese del 2011, e siamo rimasti nella necessità di acquistare materia prima all'estero, visto il lento affermarsi della produzione di energie alternative.

Via il carbone

La Sen, strategia energetica nazionale di fine 2017, parla di chiusura degli impianti alimentati a carbone entro il 2025, con accelerazione al 2023, a fronte però di investimenti in infrastrutture con lo strumento degli stranded cost (costi sostenuti dalle aziende di pubblica utilità che ricadono sugli utenti di un servizio come quota di ammortamento degli investimenti aziendali pregressi). «Nella Sen però non vi è traccia della specificità della centrale di Fusina che brucia anche la quota combustibile dei rifiuti dell’area metropoliana di Venezia (circa 70.000 tonnellate all’anno che possono essere portate a 100.000 tonnellate) - scrivono i sindacati Filctem, Flaei e Uiltec -: questa centrale brucia carbone, ma interviene con un contributo all’ambiente».

Rischio black out

Il decreto avvio del riesame complessivo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) del 22 novembre 2018 dispone la cessazione definitiva dell’utilizzo del carbone ai fini della produzione termoelettrica entro il 31 dicembre 2025, in quanto il ministero dello Sviluppo economico, Mise, non rileva alcun motivo ostativo all’attuazione degli obiettivi posti. «Terna, società che gestisce la sicurezza del sistema elettrico nazionale - proseguono le sigle - sostiene che per il mantenimento del sistema elettrico sia indispensabile un numero di impianti a carbone. Al 2025 il report di Terna “adequacy report” evidenzia con certezza che il numero di ore all’anno in cui la domanda è superiore alle risorse disponibili, importazioni incluse, in termini di potenza, e l'eccedenza della domanda rispetto le risorse disponibili misurata in energia, non sarebbero rispettati: è reale il rischio di black out».

Lavoratori veneziani

Filctem Cgil, Flaei Cisl e Uiltec Uil esprimono preoccupazione in relazione alla centrale Palladio di Fusina, principalmente «per la stabilità occupazionale del futuro, per la gestione del prepensionamento, a fronte del blocco delle assunzioni e degli inserimenti da altre società del gruppo. E infine preoccupazione sul presidio degli impianti in sicurezza per i lavoratori, per il sito, per il territorio e per la popolazione, a causa dell’inarrestabile riduzione del personale in ruoli chiave di presidio dei processi».

Autonomia energetica

«In Veneto, già a oggi, con l’impianto di Fusina in attività (2 gruppi da 160 MW e 2 gruppi 320 MW per totali 960 MW) importa il 43% del fabbisogno energetico complessivo - concludono i sindacati -. L'incertezza viene alimentata dalla mancanza ormai da diversi anni di un dialogo con i vertici sul piano industriale, sui destini della centrale e dei suoi lavoratori. Si prospetta a livello nazionale un incontro per discutere delle problematiche della produzione termoelettrica nel Paese, e forse questo potrebbe portare a nuovi scenari». La speranza è l'ultima a morire.
 

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