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Cronaca Dolo

Non ci stiamo: Cgil di Venezia contro la chiusura dell'ospedale di Dolo

In un comunicato ufficiale diffuso oggi, la sezione lagunare del sindacato esprime le motivazioni della propria ferma opposizione all'ipotesi di far cessare l'attività clinica a Dolo

“Non ci stiamo”. Con questa risoluta dichiarazione, la camera del Lavoro, della Funzione pubblica e del Sindacato pensionati della Cgil di Venezia ha espresso la propria posizione circa l’ipotesi, diffusa nei giorni scorsi, di una possibile chiusura dell’ospedale a Dolo.

In un comunicato ufficiale diffuso oggi, i promotori della ferma opposizione parlano, in particolare, di un’alternativa “che respingeremo nettamente con tutta la mobilitazione dei lavoratori e dei professionisti” e dichiarano la propria vicinanza a “tutte le parti sociali del territorio nel respingere questa modalità e queste scelte”. Scelte, “di cui non comprendiamo il senso se non in una logica di tagli lineari”.

Stando, infatti, alle recenti affermazioni, la fisionomia della sanità veneta potrebbe mutare radicalmente nel corso del prossimo biennio: sette ospedali (Dolo, Piove di Sacco, Adria o Porto Viro, Noventa Vicentina, Valdagno, Bussolengo e “Borgo Roma” a Verona) potrebbero essere chiusi, in modo che le risorse liberate siano in grado di finanziare una nuova rete di pronto intervento, assistenza e cura sul territorio. Tale riforma sembra essere contenuta nelle “schede tecniche” abbinate al Piano socio-sanitario, attualmente all'esame della prima commissione regionale e in via di approvazione entro l’estate.

“Ancora prima di approvare il Piano Socio-Sanitario”, si evidenzia dalle file della Cgil, “cominciano le campagne di indiscrezioni e/o esternazioni da parte della Regione Veneto sul futuro della Sanità veneta e per quanto ci riguarda della provincia di Venezia”: “prima tutte le ipotesi più fantasiose sul numero delle ULSS e sugli ambiti territoriali, le chiacchiere sulle strutture convenzionate e adesso i proclami sulla chiusura di interi ospedali del territorio come quello di Dolo”.

La chiusura di un ospedale rappresenta sicuramente un’operazione impopolare, a prescindere dall’effettiva funzionalità (anche se, forse, sarebbe il caso di dire necessità) che essa comporta. L’opinione pubblica non può che avvertire una sorta di abbassamento del proprio regime di welfare, dunque una sorta di lesione dello stato sociale.

“La Sanità ha bisogno di una programmazione seria basata su principi e strategie per un servizio universalistico a garanzia dei livelli essenziali di assistenza in tutto il territorio regionale”, concludono gli addetti della Cgil. Nelle esternazioni di questi mesi “emerge invece una volontà tecnocratica unicamente condizionata dal rigore finanziario a scapito in particolare dei posti letto, senza affrontare la piaga delle liste d’attesa e quindi della vera e piena esigibilità dei livelli essenziali”.

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