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Cronaca

Combattente dell'Isis veneziano ucciso: dubbi e nessuna conferma

I Ros e la Digos al lavoro per decriptare l'annuncio dei Peshmerga. Nessuna denuncia di scomparsa, cautela anche sulla foto del giovane. Indagini per capire se dietro ci sia una rete in grado di far proseliti

Il mistero è ancora tale. Chi è "Francesco"? Esiste davvero? E se sì, è effettivamente veneziano? Tutte domande che per ora non hanno trovato risposta, dopo che il 3 febbraio scorso i Peshmerga, le forze armate kurde, con un tweet avevano annunciato l'uccisione di un combattente dello Stato Islamico italiano, con tanto di foto. Secondo le scarne informazioni pubblicate sul social network la vittima caduta sul campo sarebbe "Francesco", un veneziano colpito a morte da un cecchino donna durante i giorni dell'assedio di Kobane, la città al confine con la Turchia che ha resistito fino allo stremo contro l'avanzata delle truppe dell'Isis.

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Lì si è in guerra, e come sempre nelle guerre la comunicazione (e la propaganda) rivestono un ruolo cruciale. Per questo motivo attorno a quel tweet aleggiano molti dubbi: fino a questo momento non risulterebbero denunce di scomparsa di giovani veneziani di nome Francesco somiglianti alla foto pubblicata, in cui si vede un giovane con la barba tenere in mano un Ak47. Sorridente. La notizia venerdì è rimbalzata su siti e bacheche Facebook, ma sabato mattina (nonostante l'eco ormai nazionale della notizia) nessuno avrebbe ancora riconosciuto il guerrigliero. I Ros di Padova e la Digos di Venezia stanno tentando di decriptare ogni elemento utile che possa filtrare dai social network, fonte privilegiata in questi casi. In primis, come detto, c'è l'elemento propagandistico: essere uccisi da una donna in combattimento secondo la religione islamica preclude il Paradiso alla vittima. Dopodiché quel #venice, un hastag messo nero su bianco. Gli inquirenti stanno sondando anche la possibilità che il giovane possa provenire dal Friuli-Venezia Giulia, un errore in cui cadono spesso gli stranieri poco avvezzi con la geografia del Belpaese.

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Ma anche fosse, appare strano che la foto sia finita in mano kurda. Di per sé, infatti, l'uccisione da parte di un cecchino avviene a distanza. In operazioni ordite proprio per evitare contatti con il nemico. Dunque com'è finita in mano dei Peshmerga? La possibilità che possa essere stata recuperata durante il conflitto a fuoco nella divisa della (presunta) vittima o tra la sua attrezzatura appare possibile, certo, ma remota. I dubbi si affastellano l'uno sull'altro, anche se l'assenza di denunce di scomparsa non è poi così strana in casi di questo tipo: spesso a partire per il fronte sono persone che vivono ai margini, senza una vita sociale "brillante". Così, ammesso che "Francesco" abbia sposato la causa dello Stato Islamico da un paio di mesi, è possibile che nessuno ne abbia segnalato l'assenza.

Certo è però che questo non sarebbe il primo caso di combattente italiano nelle fila dell'Isis, dunque gli inquirenti stanno cercando di far luce anche sul possibile circuito cui il giovane possa aver fatto riferimento. Se tutto si dimostrerà reale, ci sarà la prova lampante che i tentacoli dell'Isis sono stati in grado di ammaliare gnte anche nel Veneziano. Da qualche giorno, però, ciò che "Francesco" avrebbe fatto costituisce reato, grazie al "pacchetto sicurezza" promulgato dal Governo. Al momento della sua presunta uccisione, invece, no. Lo era solo fare opera di proselitismo per la Jihad, la "Guerra Santa" che continua ad affascinare numerosi giovani figli del benessere dell'Occidente.

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