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Cronaca

Truffa ai danni dello Stato: arrestati ex commercialista e programmatore

Trentacinque indagati e 3,7 milioni di euro di sequestri. Gli ideatori sono rispettivamente di Marcon e Borgoricco

Truffa ai danni dello Stato, dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ed emissione di fatture per operazioni della stessa specie, indebite compensazioni e riciclaggio. Sono le accuse di cui, a vario titolo, dovranno rispondere 35 indagati nell'ambito di un'inchiesta della guardia di finanza di Padova che in queste ore sta effettuando più di 60 perquisizioni in varie regioni e sequestrando beni per 3,7 milioni di euro. 

L'indagine è cominciata da una segnalazione della Camera di Commercio di Padova e ha portato a scoprire una serie di reati e truffe ai danni dello Stato attraverso indebite compensazioni per oltre 7,3 milioni di euro. A capo del gruppo, secondo le verifiche delle fiamme gialle, c'erano un ex commercialista di Marcon, Matteo Fasolo, e un programmatore informatico di Borgoricco (Padova), Gianmario Barban, conoscenti di lunga data, oggi agli arresti domiciliari. Il primo non risulta più iscritto all'albo dal 2018, anno in cui aveva subìto una perquisizione nel suo studio. Una cancellazione legata, secondo gli investigatori, al tentativo di non atirare l'attenzione sui suoi traffici. L'obiettivo dei due indagati era fare la bella vita: sui social avevano postato foto con auto di lusso e di viaggi all'estero. 

Familiari e prestanomi

I due professionisti si sono avvalsi di una serie di collaboratori, tra cui l’anziana zia e la compagna di vita di uno e la sorella dell’altro, per individuare aziende in difficoltà e/o crearne nuove (prive di strutture, dipendenti e mezzi, nonché inadempienti nei confronti del fisco), con il solo scopo di utilizzarle per sottrarre risorse finanziarie alle casse dell’erario. Oltre alla cerchia familiare, sono stati reclutati vari prestanome su tutto il territorio nazionale e all’estero, come in Croazia.

Due diversi sistemi di frode

Il primo meccanismo consisteva nella predisposizione di una serie di modelli F24, deleghe per il pagamento di debiti fiscali, previdenziali e assistenziali, che si sono rivelati inesistenti, utilizzando crediti sempre inesistenti, di cui gli indagati richiedevano il rimborso a Camere di Commercio, enti locali o bilaterali, dichiarando di aver effettuato il pagamento per errore, per “monetizzare” i falsi crediti tributari e contributivi. Gli enti bilaterali sono costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro per la programmazione di attività formative, la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l'integrazione del reddito ovvero ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento. Questi organismi, destinatari di contributi versati sulla base di accordi contrattuali, non potendo verificare la legittimità delle richieste di rimborso presentate dai prestanome dei due professionisti, predisponevano, in buona fede, bonifici per svariate decine di migliaia di euro in favore delle società di volta in volta utilizzate. Se i rimborsi tardavano ad arrivare, non c'era alcuno scrupolo nel contattare l'ente interessato, minacciando azioni legali per sollecitare il pagamento delle somme.

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