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Cronaca

Corruzione Mose: confiscati beni per 9 milioni di euro all'imprenditore Erasmo Cinque

Si tratta di 16 immobili tra Roma e provincia, ma anche mobili antichi. La confisca corrisponde a quanto ricevuto quale prezzo della corruzione commessa in concorso con l'ex ministro Altero Matteoli

La guardia di finanza di Venezia ha confiscato beni immobili e disponibilità finanziarie per 9 milioni di euro nei confronti di un imprenditore romano, Erasmo Cinque, coinvolto nell’inchiesta sulla corruzione legata alla costruzione del Mose e delle altre opere di salvaguardia. Le attività sono conseguenti alla recente pronuncia della Corte di Cassazione che, nel sancire l’annullamento per prescrizione della sentenza di condanna comminata all’imprenditore (4 anni di reclusione), ha confermato la confisca di quanto ricevuto dall'uomo «quale prezzo della corruzione commessa in concorso» con l'ex ministro Altero Matteoli, che nel frattempo è morto.

I fatti contestati riguardavano l’assegnazione al Consorzio Venezia Nuova dei finanziamenti per la bonifica dei canali di Porto Marghera e la nomina, quale Magistrato alle acque di Venezia, di un presidente asservito al consorzio. Come controprestazione della decisione politica, i lavori furono assegnati dal Consorzio a un'associazione temporanea di imprese costituita tra una società riconducibile a Erasmo Cinque e a un'altra importante impresa aderente al consorzio. Le indagini hanno dimostrato che la prima, pur non avendo eseguito materialmente alcuna opera, ha partecipato agli utili derivanti dalle commesse quantificati in 18 milioni di euro.

Come chiarito dalla Corte d’Appello, la somma confiscata è l'equivalente di quanto ricevuto dall’imprenditore per i favori assicurati al Consorzio da Matteoli. I finanzieri hanno individuato un consistente patrimonio, costituito da 16 unità immobiliari del valore complessivo di oltre 8 milioni di euro: quasi tutte si trovano a Roma (tra cui la sede di un'ambasciata), due di esse ad Anzio e Fregene, località del litorale romano. Formalmente gli immobili erano intestati ad una società lussemburghese ma i finanzieri hanno dimostrato che il titolare effettivo era, appunto, l’imprenditore romano. Oltre a questi immobili, su ordine della procura sono state confiscate anche le disponibilità finanziarie sui conti correnti intestati all'uomo e alla società lussemburghese, nonché pregiati mobili d’epoca (del valore di 220mila euro).

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