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Cronaca

"No alle grandi opere", il corteo attraversa Venezia TWITTER

Il 30 novembre oltre 170 realtà, associazioni e comitati convergono in una manifestazione contro il "modello Veneto". Partenza dalla stazione

Una “marea anomala”, fatta di voci indignate e di di rabbia crescente, quella che sabato ha pervaso la laguna. Comitati, movimenti, associazioni, organizzazioni politiche e privati cittadini del territorio si danno appuntamento sotto un'unica bandiera per protestare contro la politica e il “progetto Veneto”, urlando il proprio dissenso a grandi navi, cementificazione e impianti inquinanti. Tutto in un solo giorno. Il 30 novembre oltre 170 realtà convergono dai quattro angoli della regione, uniti nell’affermare il più corale “basta” alla “devastazione dei territori, dei diritti e della democrazia”. Lo slogan? "No alle Grandi Opere".


LAPIDE SUL "MODELLO VENETO" - Una trentina di aderenti ai centri sociali con la maschera di anonymous all'inizio della manifestazione si sono impadroniti delle transenne del cantiere nel piazzale antistante la stazione di Venezia Santa Lucia e le hanno spostate davanti al palazzo della Regione. Lì è stato inscenato una sorta di "funerale al project financing". Una lapide con tutto attorno le opere contestate del territorio e in cima un lumino. In questo modo l'ingresso al palazzo è stato bloccato dalle transenne.    

CEMENTIFICAZIONE - “In Veneto – scrive l'osservatorio sui conflitti ambientali EcoMagazine - la seconda regione più cementificata d’Italia dopo la Lombardia, negli anni duemila si sono impermeabilizzati in media 182 milioni di metri quadrati l’anno, per un totale dell’11 per cento della sua superficie”. Anche il cosiddetto modello del “terzo Veneto” non è giudicato in maniera positiva, e viene osteggiato in quanto punterebbe tutto sulla svendita dei territori, che in questa maniera non verrebbero valorizzati ma subirebbero invece la lenta erosione da parte di asfalto e cemento.

IN LAGUNA – L'osservatorio, che si fa voce dei manifestanti che sabato sfilano lungo le calli del centro storico, punta il dito contra la politica regionale e locale, accusandola inoltre di mettere a rischio la salvaguardia del delicato ecosistema lagunare. Anche qui gli esempi bersaglio della protesta sono numerosi, dallo “spadroneggiare delle grandi navi” al prosciugamento dei fiumi, passando per le micro-centrali idroelettriche nel bellunese. Nel mirino del malcontento finiscono anche gli impianti “altamente inquinanti” come i cementifici che bruciano rifiuti o come la centrale Enel di Porto Tolle che si vorrebbe convertita a carbone. Ancora più grave, secondo i manifestanti, è il fatto che per dare vita o mantenere queste realtà pericolose si utilizzino fondi che sarebbero potuti essere invece destinati alle politiche sociali o di tutela.

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