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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Dolo

Non solo tecniche tradizionali, il tumore al rene si tratta “col freddo”: i dieci anni di Crioablazione

Sono trascorsi dieci anni da quando il servizio di Urologia, insieme a quello Radiologico, avevano introdotto all’ospedale di Dolo, per pazienti selezionati, una tecnica di intervento “mininvasivo” per trattare il tumore del rene

Sono trascorsi dieci anni da quando il servizio di Urologia, insieme a quello Radiologico, avevano introdotto all’ospedale di Dolo, per pazienti selezionati, una tecnica di intervento “mininvasivo” per trattare il tumore del rene.

Passi avanti nella chirurgia tradizionale

Tecnica presente in numerosi ospedali veneti e che permette di curare in maniera efficace, col freddo, alcune forme piccole e circoscritte di neoplasie renali.«Questo tipo di intervento – hanno dichiarato il Primario di Urologia Giorgio Artuso insieme al Primario di Radiologia Andrea Bruscagnin e al dott. Alessandro Pinzani, Radiologo esperto nella metodica – lo eseguiamo da dieci anni qui a Dolo e fino ad oggi abbiamo curato circa un centinaio di cittadini con questa metodica. La Crioablazione – hanno continuato i due medici - può essere impiegata per tumori di piccole dimensioni, e viene proposta, dopo una valutazione uro-oncologico multidisciplinare a pazienti particolari, affetti da patologie che impediscono l’impiego della tecnica chirurgica tradizionale, come ad esempio persone con fattori di rischio cardiovascolari o colpite da gravi pneumopatie». Rispetto a venti, trent’anni fa, si son fatti passi in avanti nella chirurgia tradizionale che prevedeva in genere l’asportazione del rene malato. Si sono affinate sempre più delle tecniche meno invasive e altrettanto efficaci: innanzitutto la chirurgia laparoscopica, impiegata soprattutto per l'asportazione limitata alla sola parte malata del rene.

La tecnica

E, successivamente, per i piccoli tumori un trattamento minimamente invasivo, la cosiddetta Crioablazione, che consiste nel posizionare, attraverso una piccola puntura sulla schiena, un ago-sonda al centro del tumore sotto controllo radiologico (TAC guidata), per distruggere solo il tumore stesso con il raffreddamento dei tessuti fino a -40 gradi. Il trattamento può essere eseguito in anestesia locale associata a lieve sedazione, dura circa 40 minuti (esclusa la preparazione del paziente e la parte anestesiologica), ha un tasso di complicanze molto basso e il paziente il giorno dopo può già tornare a casa. «La buona riuscita di questa tecnica – ha commentato il Direttore Generale della Ulss 3 Giuseppe Dal Ben – è anche il frutto di un lavoro multidisciplinare e sinergico tra vari professionisti che mettono in campo esperienza e la loro specifica professionalità: urologi, oncologi, radiologi e anestesisti. Oggi, più che mai, il confronto su alcuni casi, soprattutto complessi, è necessario e importante per garantire risposte efficaci grazie ad interventi sempre più studiati ad personam».

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