Bambino tolto agli affidatari, loro querelano la presidente del tribunale dei minori
La coppia, residente a Mogliano, accusa la dottoressa Rossi di diffamazione a causa delle affermazioni pronunciate in audizione alla Commissione parlamentare sugli affidi
Nuovi sviluppi nella vicenda riguardante un bambino di 9 anni che un anno fa venne tolto agli affidatari e, su provvedimento del giudici minorili di Venezia, collocato in una comunità alloggio nella zona di Conegliano (Treviso). La famiglia che aveva il bambino in affidamento ha dato battaglia: prima ha denunciato i servizi socio-assistenziali della Ulss 2, autori della relazione arrivata al tribunale (accusandoli di abuso in atti d’ufficio, falso ideologico, omissione di atti d’ufficio e minaccia), e la suora coordinatrice della scuola elementare paritaria che avrebbe fatto partire tutto con una segnalazione; oggi, 29 agosto, ha presentato a Roma una terza querela, questa volta a carico della presidente del tribunale dei minori di Venezia, Maria Teresa Rossi. Il reato ipotizzato, come scrive TrevisoToday, è quello di diffamazione.
Secondo la coppia, residente a Mogliano Veneto, la presidente avrebbe offeso la loro reputazione nel corso dell'audizione di fronte alla commissione parlamentare d'inchiesta sugli affidi, avvenuta lo scorso 12 luglio, sostenendo che a carico dei due coniugi ci sarebbe stato un fascicolo d'indagine, aperto nel 2018 e conclusosi comunque con l'archiviazione, per maltrattamenti. Inoltre la presidente avrebbe sostenuto che la "madre" affidataria ha commesso per tre volte dei tentativi di suicidio. «Le frasi della dottoressa Rossi - è il commentato di Giovanni Bonotto, legale della coppia - non solo sono del tutto scoordinate dalla realtà ma hanno il chiaro intento di far passare i miei clienti come dei matti e delle persone totalmente inadeguate al ruolo di genitori».
L'avvocato Bonotto ha spiegato che i nomi di marito e moglie non sarebbero in realtà "noti alla Procura di Treviso" se non come parti offese nei due procedimenti contro la Ulss e la suora coordinatrice della scuola. «Quel fascicolo non esiste perché non è mai stato aperto. Vero è che il bambino (affetto dalla sindrome Adhd, un disordine dello sviluppo neuro psichico) nel 2018 era stato "notato" per numerosi lividi che aveva sul corpo, ma una relazione dell'assistente sociale della stessa Usl aveva stabilito che gli affidatari non avessero nulla a che fare con quelle botte e suggerì anzi di cambiare scuola d'infanzia perché quella frequentata dal piccolo non era all'altezza dei suoi bisogni. Per quanto riguarda i presunti suicidi, quello a cui si riferisce la dottoressa Rossi sono delle mere annotazioni delle forze dell'ordine risalenti al 2011 e che avevano come oggetto delle segnalazioni fatte ai carabinieri dalla famiglia d'origine della donna quando questa viveva una periodo di forte stress a causa di manifestazioni di mobbing sul posto di lavoro. Era una "difficoltà" che non c'entrava nulla con tentativi di autolesionismo».
La coppia, ritenuta non all'altezza di occuparsi del bambino dopo quattro anni di affidamento, sta comunque affrontando ancora il percorso che dovrebbe stabilire la capacità ad essere genitori in relazione alla domanda di adozione presentata nel novembre del 2020. Per questo il piccolo, a cui i servizi socio sanitari avrebbero già trovato una famiglia con cui re-iniziare l'affidamento, sarebbe ancora nella comunità dove è stato collocato e da dove gli sono impediti, dal giugno scorso, tutti i contatti con la coppia di Mogliano.