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Cronaca

DIMISSIONI ORSONI Il sindaco azzera la Giunta e sbatte la porta

Il primo cittadino ha annunciato il suo passo indietro venerdì mattina a Ca' Farsetti: "Io distante dalla politica. Reazioni ipocrite e opportuniste"

Giovedì, dopo una settimana di domiciliari, si è presentato in Comune con un sorriso e venendo accolto pure da qualche applauso; a 24 ore dal suo rientro a Ca' Farsetti, però, Giorgio Orsoni è costretto a indire un'altra conferenza stampa: alle 12.15, il primo cittadino ha annunciato le sue dimissioni.


IL DISCORSO DEL "RE" - Parlando alla folla di giornalisti che gli si parava davanti nella sala degli Stucchi il primo cittadino di Venezia non ha nascosto la sua "profonda amarezza" per tutta la vicenda, ma soprattutto perché al suo ritorno non ha trovato "quella compattezza che era stata preannunciata per quanto riguarda il da farsi almeno per le cose urgenti nell'interesse della città". Obbligate, quindi, le sue dimissioni. Il sindaco commenta con toni cupi anche la sua decisione di revocare le deleghe: "È venuto meno - ha dichiarato il sindaco - quel rapporto tra la mia persona e la politica che mi ha sostenuto finora", il suo gesto di "affondare" tutto andrebbe quindi letto nell'ottica di "marcare la lontananza dalla politica" e "non riguarda l'operato amministrativo dei singoli assessori". Insomma, nessuna critica ai colleghi della Giunta o al Consiglio? Non proprio: nonostante Orsoni l'ha ripetuto più volte che la revoca delle deleghe andrebbe considerata come un "gesto politico", durante il discorso non ha risparmiato qualche stilettata, sottolineando come nei giorni scorsi abbia assistito a "reazioni per lo più opportunistiche e ipocrite di singoli esponenti anche appartenenti a quella maggioranza che fino ad ora ha sostenuto la mia Giunta".

ORSONI SI DIMETTE: TUTTI I VIDEO DA CA' FARSETTI

"AZZERATA LA GIUNTA, HO DATO LE DIMISSIONI" VD

"COSÌ MI ALLONTANO DALLA POLITICA" VD

"REAZIONI IPOCRITE ANCHE DALLA MAGGIORANZA" VD

"LASCIO CON GRANDE AMAREZZA" VD

AI FERRI CORTI – Un atto obbligato, quindi, visto che mancano le condizioni utili per proseguire con il lavoro di amministrazione cittadina, e a staccare la spina sarebbe stato proprio il partito che maggiormente sostenne Orsoni nel 2010, quel Pd che lo stesso sindaco ha indicato (assieme ad altri) come responsabile di una campagna elettorale ormai carica di accuse, zone d'ombra e illeciti finanziari. Evidentemente lo scaricabarile non è piaciuto ai Democratici (già giovedì il vicesindaco Sandro Simionato aveva parlato di “parole come pietre” riferendosi all'intervento di Orsoni) e il secco “no comment” con cui i consiglieri del centro sinistra avevano lasciato la prima riunione dopo la bufera non lasciava presagire nulla di positivo per “re Giorgio”. A togliergli la corona dal capo sarebbe stato proprio la dirigenza del nuovo corso renziano del Pd: uno dei suoi fedelissimi, Jacopo Molina, venerdì mattina si è dimesso dal Consiglio comunale, scatenando il caos a Ca' Farsetti.

ORSONI SI DIMETTE: IL TESTO DEL DISCORSO

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LA NOTA DEL PD - Poi una nota della numero due del partito Debora Serracchiani ha fatto capire che non c'era più l'appoggio: "Dopo quanto accaduto, e a seguito di un approfondito confronto con i segretari cittadino provinciale e regionale del Pd, abbiamo maturato la convinzione che non vi siano le condizioni perché prosegua nel suo mandato di sindaco di Venezia. Invitiamo quindi Orsoni a riflettere sull'opportunità nell'interesse dei cittadini di Venezia e per la città stessa di offrire le sue dimissioni. Siamo convinti, inoltre, che non si debba disperdere quanto di buono il Pd di Venezia e tanti bravi amministratori hanno fatto e stanno facendo per la città. Per questo e per la necessaria chiarezza indispensabile in simili frangenti riteniamo che lo stesso Orsoni saprà dare prova di grande responsabilità". M5s, Fdi e Gruppo Misto avevano già chiesto al primo cittadino di lasciare la poltrona e, nelle ultime ore, alle loro voci si è aggiunto l'appello di In Comune, firmato dall'assessore Gianfranco Bettin, dalla consigliera delegata Camilla Seibezzi e dal consigliere Beppe Caccia, in cui si chiedeva al sindaco “un ultimo atto di responsabilità: le dimissioni”.

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LA "PUNIZIONE" - Già dopo la riunione dei capigruppo di giovedì pomeriggio era chiaro che i margini di manovra erano ridottissimi. Poi le dimissioni in ordine sparso prima dell'assessora Tiziana Agostini, poi del consigliere delegato Sebastiano Bonzio, infine del consigliere Jacopo Molina. Quindi la decisione di Orsoni: non solo dimissioni, ma azzeramento della Giunta, i cui rappresentanti avrebbero potuto rimanere in carica. Un gesto "politico", per punire quella politica da cui Orsoni ha voluto prendere le distanze.

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COSA SUCCEDERÀ – È comunque già possibile tracciare a grandi linee il percorso in cui la città dovrebbe trovarsi indirizzata dopo il passo indietro del sindaco: con la perdita della maggioranza in Consiglio (cui aveva contribuito anche il documento congiunto firmato dai tre segretari del Pd Veneto Roger de Menech, metropolitano Marco Stradiotto e cittadino Emanuele Rosteghin dopo una lunga riunione in terraferma), Orsoni passa la palla e la Giunta affonda con lui: il Consiglio dunque dovrà (se ci saranno le condizioni) approvare il consultivo 2013, per poi lasciare tutte le carte in mano al commissario che verrà nominato da Roma. Sarà lui, e saranno lacrime e sangue con ogni probabilità, a stilare il bilancio di previsione per il 2014. Sotto il portico di Ca' Farsetti si mormora già di come dividere le briciole della città, tra i problemi del welfare e lo spettro della crisi. Da una proiezione dei tecnici comunali, si vedrà quanto rispettata dagli eventi, almeno venti milioni di euro potrebbero essere tagliati tra welfare, politiche educative e fondo per i dipendenti.

Una riunione straordinaria di Giunta è partita poco prima della conferenza del sindaco, e i toni si sarebbero anche accesi molto. Orsoni decade anche dall'incarico di presidente della Fondazione "La Fenice", le sue funzioni, come prevede lo statuto, vengono assunte dal vice presidente, il professor Giorgio Brunetti

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