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Cronaca

La confessione non fuga tutti i dubbi: quelle ore silenti in cella insieme e la ciabatta

Lazzarini e Busetto hanno spiegato che si sono conosciute in carcere. La prima ha detto di aver strappato la collanina a Lida Pamio. Ma di chi è l'impronta insanguinata della ciabatta?

Tanti interrogativi dopo la svolta. La confessione c'è, e ci sarebbero anche altri elementi in mano alla Procura che inchioderebbero Susanna Lazzarini anche nel caso in cui non avesse deciso di parlare: il Dna della traccia di sudore vicino all'interruttore della luce dell'appartamento di Lida Taffi Pamio la colloca sul luogo del delitto proprio nel momento in cui l'87enne veniva uccisa in maniera brutale. Era il dicembre 2012. Ulteriori pezzi del puzzle potrebbero posizionarsi l'uno accanto all'altro nel momento in cui, a giorni, il giudice firmerà la seconda ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio alla Lazzarini. 

Spettatrice interessata è Monica Busetto, che rimane comunque imputata nel processo per l'uccisione di Taffi Pamio. Gli elementi a suo carico sono stati ritenuti sufficienti per una condanna in primo grado a 24 anni e mezzo. Gli scenari futuri non sono molti: o l'ausiliaria del Fatebenefratelli c'entra qualcosa oppure è stata in carcere 21 mesi senza avere colpe. Riassaggiando la libertà (anche se con obbligo di dimora a Venezia) solo mercoledì scorso. Per ora la Procura si muove per l'ipotesi di reato in concorso. Dunque l'elemento cruciale è: la Busetto era in quell'appartamento assieme alla Lazzarini o subito dopo il delitto? Le due quindi si conoscevano?

Entrambe davanti a inquirenti (e giornalisti) hanno affermato di no. Loro si sarebbero viste per la prima volta in carcere. "Non sapevo chi fosse - ha spiegato la Busetto giovedì sera - lei si è avvicinata e mi ha chiesto 'sei quella di viale Vespucci?'". Davanti ai giornalisti la Busetto non ha proferito parola sulle ore passate in cella insieme alla Giudecca. Gomito a gomito. Con ogni probabilità le due erano sotto stretta osservazione: allo stato pare però non sia emerso nulla. Anche se articoli di giornale sulle "similitudini" tra l'omicidio di Lida Taffi Pamio e Francesca Vianello (in corso del Popolo poco prima del Natale dell'anno scorso) erano già usciti. 

Un'importante novità riguarda invece la collana che la Pamio indossava il pomeriggio del delitto: la Lazzarini ha dichiarato davanti agli inquirenti di averla strappata dalla vittima (sotto al corpo venne trovata solo la medaglietta) per poi gettarla in un cassonetto in via Cappuccina assieme al giubbotto sporco di sangue. Circostanza confermata dal suo avvocato difensore Mariarosa Cozza. La 52enne mestrina ha spiegato che il giubbotto non se lo sarebbe tolto per scappare, ma che l'indossava ancora al momento della fuga. Dopo numerose coltellate, però, sulle scale del condominio di viale Vespucci non sono state trovate tracce ematiche.

Per questo motivo la squadra mobile della questura al tempo aveva concentrato l'attenzione su Monica Busetto, la dirimpettaia della vittima. Nel suo portagioie venne sequestrata una catenina d'oro con tracce epiteliali infinitesimali caratterizzate dal Dna della Pamio. Gli avvocati difensori dell'imputata hanno sempre affermato che ciò era il frutto di un inquinamento. A distanza di anni arriva la confessione della Lazzarini, la quale ha dichiarato che al tempo indossava un paio di scarpe. Come tutti. Era dicembre e faceva freddo. Vicino al corpo, però, venne individuata anche l'impronta di una ciabatta insanguinata. Una calzatura che non è stata più rinvenuta: alla Busetto ne venne sequestrato un altro paio. A distanza di un mese dal delitto. Nel frattempo l'ausiliaria aveva spiegato di avere gettato nella spazzatura lo zerbino pochi giorno dopo del delitto: "Mi sono dimenticata di dirlo alle forze dell'ordine", spiegò nel 2014 in sede di processo.
 

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