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Cronaca Caorle

Impersona due finanzieri al telefono, riesce a estorcere denaro a ristoratore di Caorle

La vittima aveva prestato 100mila euro ad un truffatore poi deceduto. Il delinquente, di Quarto d'Altino, che ha fatto leva sul suo credito, si era finto anche emissario

Estorsore istrione tiene sotto scacco la sua vittima. La vicenda ha inizio circa cinque anni fa, quando un noto ristoratore di Caorle, che per comodità chiameremo Sergio, comincia a prestare denaro ad un abile truffatore sandonatese, più volte al centro di inchieste giudiziarie, ed anche condannato.

Come spesso capita, da una piccola somma l’abile delinquente riesce nel giro di circa cinque anni a farsi consegnare 100mila euro, tutti in contanti e senza alcuna possibilità di tracciare il flusso di denaro. Poi nel 2015 muore improvvisamente, lasciando il suo creditore con un pugno di mosche in mano e in una impasse difficilmente superabile. La vergogna di Sergio è molta, ecco perché decide di non chiedere aiuto a parenti o soci e non sporge nemmeno denuncia, poiché consapevole che una confessione avrebbe potuto avviare controlli finanziari approfonditi, pericolosi anche per chi non ha nulla di grave da nascondere.

Ma la vicenda, dopo essere stata celata per circa un anno, viene a galla nel giugno del 2016, quando i soci del ristoratore si accorgono che l'uomo sta prelevando in più occasioni denaro contante, riscontrando anche degli ammanchi di denaro nella cassa del ristorante in alcune circostanze. Si tratta di un'escalation, al punto che alcuni amici riferiscono informalmente di aver prestato a Sergio, più volte, piccole somme di denaro. Soci e parenti pensano subito ad una estorsione, e cominciano a preoccuparsi seriamente perché Sergio è una persona "pulita", non ha hobby particolari se non la caccia, non viaggia, trascorre tutte le giornate in ristorante insieme a loro e alla sera è sempre in famiglia.

I prelievi di denaro in contante, quindi, sono molto sospetti e privi di fondamento. I famigliari, temendo di giungere ad un punto di non ritorno, decidono di affrontarlo, ma senza successo: Sergio non dice nulla e fa muro, dimostrandosi anche indispettito. I suoi cari, fortunatamente, non si danno per vinti e informano i carabinieri della stazione di Caorle, che non perdono tempo e inviano subito una dettagliata informativa in Procura a Pordenone, sia pure senza alcuna denuncia: si tratta, di fatto, solo di un "alert" che potrebbe anche non essere raccolto. Il p.m. delegato di turno, Monica Carraturo, ritiene di dover comunque espletare alcuni accertamenti, delegando una corposa attività di verifica al nucleo operativo della Compagnia di Portogruaro. 

I militari fanno partire quindi le classiche attività tecniche, e riescono quasi subito ad accertare che il ristoratore sta consegnando denaro a due finti finanzieri, i quali gli assicurano di avere a disposizione, in Austria, una ingente somma di denaro appartenente al truffatore deceduto, ma che necessitano un aiuto per sostenere le spese legali per il rimpatrio del capitale, ammontante a oltre 600mila euro. Una cifra enorme, che al suo rientro in Italia - a loro dire - sarebbe spettata proprio a Sergio. I finti finanzieri spiegano sin dal principio all’uomo che avrebbe avuto a che fare con un loro emissario, una terza persona incaricata solo di riscuotere il denaro, che alla fine dei conti avrebbe ottenuto una piccola percentuale della somma, poiché anch'egli creditore dello stesso truffatore.

L'attività investigativa dei militari dell'Arma risulta più ostica del previsto, poiché orfana di un elemento chiave, ossia l'aiuto della parte offesa, il ristoratore, che in un caso finge anche di collaborare con le forze dell'ordine, facendo mangiare la foglia ai due finanzieri. Sergio è fermamente convinto, infatti, che quelli con cui ha a che fare siano veri finanzieri, ragion per cui li protegge oltre ogni limite pensando di riavere, alla fine, il suo denaro. Gli uomini in divisa riescono comunque ad identificare l'emissario M.A., 41enne operaio di Quarto D’Altino, che in passato aveva fatto da autista al truffatore deceduto, accompagnandolo a tempo perso per poche centinaia di euro e che, proprio in tal modo, aveva avuto modo di conoscere il ristoratore. Tuttavia, ogni attività mirata ad identificare i due complici sembrava impossibile.

La svolta nelle indagini avviene ascoltando alcune telefonate che coinvolgono Sergio e, almeno apparentemente, i due finanzieri. Il cliché delle chiamate prevedeva sempre uno scambio tra i due finti militari: "Sono il capitano, un attimo che le passo il comandante". Poi iniziava il dialogo tra il militare più alto in grado e Sergio. A volte, invece, era lo stesso "capitano" che riferiva al ristoratore le disposizioni del suo superiore per la consegna del denaro. Una telefonata in particolare, però, mette la pulce nell'orecchio ai carabinieri, che giungono ad ipotizzare che la persona al telefono, nella realtà dei fatti, sia sempre una, in grado di modulare la propria voce a seconda del ruolo che deve impersonare. Questo avrebbe spiegato il perché non si trovava traccia dei due finanzieri. L'ipotesi più probabile, a quel punto, è che l'emissario stesse in realtà agendo in proprio, estorcendo denaro alla sua vittima. Un piano articolato e complesso, in cui muoveva le fila dando sfoggio delle proprie capacità interpretative.

I militari dell'aliquota operativa, convinti della validità dell'ipotesi, decidono quindi di intervenire in occasione della consegna del denaro, fermando il 41enne operaio con una somma di 2100 euro appena incassati. Messo alle strette, e visibilmente impaurito, l'uomo non ha potuto fare altro che confessare le proprie colpe. Tanto creativo quanto debole a cedere. Gli uomini in divisa, in virtù della sua fedina penale, hanno quindi denunciato in stato di libertà l'uomo, in attesa di possibili provvedimenti ben più gravi.

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