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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca Spinea / Via Mantegna

Il compagno la uccide in casa a coltellate. Lui dice al figlio piccolo: «La mamma è caduta»

«Lilia voleva andare via». Le testimonianze. La denuncia di lei a fine agosto, poi il perdono. Il compagno ha chiamato i carabinieri e ha confessato

«Ho ucciso Lilia». Nella telefonata fatta ai carabinieri dalla sua casa di Spinea verso le 5 di venerdì mattina, Alexandru Ianosi, 35 anni di origini rumene, ha confessato ai militari di aver massacrato a coltellate la sua compagna. Il corpo della 40enne moldava Lilia Patranjel, trafitto dai colpi di lama al torace, era probabilmente ancora lì, nel soggiorno di casa, dove la donna era stata aggredita e uccisa circa 4-5 ore prima. I vicini raccontano: «non abbiamo sentito niente, né urla, né litigi». Solo qualche rumore insolito giovedì sera, diversamente dal solito. E non poteva essere il piccolo, a quell'ora tarda della notte, ad aver fatto baccano. Il figlio della coppia, un bambino di neanche 4 anni, non dovrebbe aver assistito alla furia cieca del padre ed è comunque in salvo e in buone condizioni. Lui sa solo quello che ha sentito dire dal papà: "La mamma è caduta".

L'arrivo immediato dei carabinieri, la messa al sicuro del minore, portato all'ospedale per precauzione, hanno anticipato le lunghe ore del lavoro della Scientifica dell'Arma nella casa, impegnata ieri mattina nella ricostruzione della tragedia. «Alexandru lo avevamo visto verso le 21 la sera prima, sotto casa in garage con un amico, sempre nelle solite condizioni - racconta l'amica e vicina di casa della famiglia, Ilinca Buhnaici, connazionale di Liliana e madrina di battesimo del figlio di lei - Aveva la bottiglia di birra in mano. Se avessi anche solo intuito quello che stava per succedere, se avessi sentito una lite, delle urla, forse a quest'ora Lilia sarebbe viva».

Non era la prima volta che i carabinieri andavano in quella casa. «Ad agosto li aveva chiamati Lilia raccontandomi poi che Alexandru l'aveva picchiata in testa e su un fianco, e allora i militari le avevano consigliato di farsi refertare al Pronto soccorso, e così aveva fatto dopo aver denunciato il suo compagno. È stata lei a cercarmi, quando è tornata a casa - continua Ilinca - Mi ha detto scendi, vieni a prendere un caffè. E così mi ha mostrato la denuncia e mi ha raccontato delle botte. Le ho detto vai via da qui, e mi ha risposto: "Dove vado con il bambino?"». Che Lilia Patranjel volesse andarsene lo sapevano anche altre sue conoscenti.

«Era stufa, diceva: "Lui mi tratta tanto male"». Un clima sempre più difficile quello che si respirava nella casa di Alexandru Ianosi Andreeva Domitrova (il nome completo) e Lilia Patranjel. Operaio di una ditta del Miranese lui e assistente domiciliare a Chirignago, per qualche ora alla settimana, lei. Entrambi con un precedente legame affettivo. Lilia aveva altre due figlie, due ragazze entrambe minorenni, la più grande delle quali abita a Mira con il fidanzato. «Alexandru non le voleva a casa e la più piccola ha deciso di andarsene e tornare in Moldavia, dopo che era stata a Spinea per un mese con la mamma, l'estate scorsa, vivendo fianco a fianco a quell'uomo che non sopportava. Non la faceva uscire, non poteva vedere le amiche, la rimproverava per tutto e la opprimeva, come faceva con sua madre», ricorda Ilinca Buhnaici. «Alla fine la ragazza ha detto a Lilia: "o lo fai calmare o non ti parlo più"».

Alexandru Ianosi invece ha un bambino e una bambina avuti da un precedente matrimonio, che si trovano in Romania. Il 28 agosto scorso, al culmine di una lite con Lilia, lei aveva chiamato i carabinieri e lui si era trovato davanti al portone 3 o 4 macchine dei carabinieri. Sapendo della denuncia, era corso da lei, le aveva chiesto scusa piangendo e le aveva promesso che sarebbe cambiato. Lilia quindi, tre giorni dopo, aveva ritirato la querela. Neanche il tempo di predisporre delle misure ,come l'allontanamento dell'uomo, che è successa l'ennesima tragedia. La tregua è durata appena pochi giorni, poi Ianosi è tornato all'attacco minacciando, opprimendo e vessando la donna. Giovedì, intorno a mezzanotte, l'ha ammazzata a coltellate.

«Sono vicina a nome di tutta l'amministrazione alla tragedia. Siamo a disposizione con i servizi sociali per l'aiuto che sarà necessario alla famiglia e al bambino della coppia. C'è molto da fare - afferma il sindaco di Spinea, Martina Vesnaver - sulla cultura del rispetto e sul valore della vita che va tutelata e rispettata prima di ogni altra cosa. Ho spostato io stessa la panchina rossa dedicata a Roberta Vanin - continua Vesnaver - in piazza Donatori di Sangue, affinché fosse ben visibile e il ricordo di quel delitto efferato rimanesse vivo, per non dimenticare». Roberta Vanin, una negoziante di Spinea, fu uccisa il 6 luglio del 2010 nella sua attività per mano dell'ex fidanzato.

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