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Cronaca

Campiello, a Roberto Andò il premio migliore opera prima: stasera il vincitore

Cresce l'attesa per il nome di chi si porterà a casa l'ambito premio letterario veneziano. Intanto ieri è stato consegnato il riconoscimento per il miglior debutto

 

"Sono contento perché in genere quando si proviene da un mestiere diverso si ha il sospetto di essere degli intrusi, dei dilettanti, e invece ho avuto un'accoglienza calorosa". Lo dice Roberto Andò al quale, al Casinò di Venezia, la giuria dei letterati ha assegnato il Premio Campiello Opera prima per Il trono vuoto (Bompiani). Il libro diventerà un film "che cominceremo a girare ai primi di novembre tra la Francia e Roma, con primo ciak nella capitale", annuncia Andò che non rivela nulla del cast e che ha già cominciato a scrivere un altro libro.
 
Clima di serenità e affiatamento, anche se non manca un po' di emozione ma sembra quasi assente la competitività, tra i cinque autori finalisti del Premio Campiello, alla vigilia della proclamazione del supervincitore, stasera al Teatro La Fenice di Venezia. Premiati al casinò di Venezia, alla presenza di Massimo Cacciari, presidente della giuria dei letterati, Carmine Abate, Francesca Melandri, Marco Missiroli, Giovanni Montanaro e Marcello Fois, raccontano di essere "diventati amici" in questi mesi che li hanno visti protagonisti di dieci appuntamenti in giro per l'Italia. Alla serata anche Dacia Maraini, alla quale viene assegnato il Premio Campiello alla carriera, e Roberto Andò, a cui la giuria dei letterati ha assegnato il Premio Campiello Opera prima per 'Il trono vuoto' (Bompiani). "Sto vivendo bene questa attesa. Ho un particolare legame con il Campiello e per me la cinquina è come un percorso che continua", dice Missiroli che torna al Campiello dove nel 2006 vinse il Premio Opera prima con 'Il senso dell'elefanté (Guanda). "Il Campiello è un premio pulito e non credo agli scrittori che dicono che i premi non servono e non danno coraggio. Soprattutto se un libro come il mio, che parla del mistero della crudeltà dell'umano, viene riconosciuto, vuol dire che sul mondo letterario c'é uno sguardo aperto", continua Missiroli e poi ammette che "quest'anno è veramente difficile fare previsioni. Ci sono nomi più importanti di altri ma per il Campiello ciò che conta è il libro.
 
E soprattutto tra noi finalisti si è creato un legame forte. Ognuno ha letto i libri dell'altro e abbiamo anche presentato il libro di Montanaro che non ha potuto partecipare ad un incontro". Che tra gli autori finalisti ci sia "un bel clima" lo conferma anche Carmine Abate, autore de 'La collina del vento' (Mondadori) che vive l'attesa della serata finale "con grande serenità" e che al Campiello è già stato otto anni fa. "Nei dieci incontri di questa edizione siamo diventati amici e ho letto i libri degli altri finalisti con grande curiosità e interesse. E' proprio difficile fare previsioni, questa è una cinquina compatta anche nei libri", conclude Abate. Il veneziano Giovanni Montanaro, in finale con 'Tutti i colori del mondo' (Feltrinelli) riconosce di avvertire "un po' di tensione aspettando domani, il grande giorno". Poi scherza: "Dicono che essere veneziani non porta bene per vincere il Campiello, essere in cinquina è già un riconoscimento importante". Montanaro spiega anche che essere avvocato non è in conflitto con lo scrivere: "Non sono due cose distanti, c'é la fatica di trovare il bene, la verità, l'amore". Sereno Marcello Fois, con 'Il tempo di mezzo' (Einaudi), già in cinquina allo Strega, che dice: "Magari domani mi agiterò. Il Campiello è un premio importante ed è importante esserci. Vediamo cosa deciderà domani la giuria popolare che rispecchia la condizione dello scrittore che risponde ai suoi lettori e non ad altri. Questa sera ci sarà sicuramente un vincitore e sicuramente non ci saranno sconfitti. Siamo diventati tutti buoni amici".
 
L'unica donna finalista, Francesca Melandri, con 'Piu' alto del maré (Rizzoli) è "particolarmente emozionata perché sabato indosserò - racconta - un vestito che ha confezionato con le sue mani mia figlia quindicenne. Quindi ho già vinto". Cacciari parla del lavoro della giuria dei letterati di questa 50/a edizione del premio come "di una cosa semplice, priva di discussioni e composta da fior di critici". E poi dice che se si fossero potuti selezionare sei o sette libri anziché cinque "saremmo stati tutti più soddisfatti".
(ANSA)

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