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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Frode sull'Iva nel settore dell'abbigliamento: sequestri per 8,5 milioni di euro

La guardia di finanza di Venezia e Padova ha scoperto una frode perpetrata da imprese gestite da persone che opererebbero al centro ingrosso Cina di Padova

I finanzieri del comando provinciale di Venezia e di Padova stanno eseguendo un decreto di sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie per un valore superiore a 8,5 milioni di euro, disposto dal gip di Padova. La somma è pari al profitto di un’ipotizzata frode all’Iva nel settore del commercio dell’abbigliamento, perpetrata da imprese gestite da persone di origine cinese, che opererebbero al centro ingrosso Cina di Padova.

Il provvedimento cautelare, che fa seguito a un ulteriore sequestro di denaro contante di 500mila euro circa, recentemente eseguito nei confronti di un altro imprenditore cinese coinvolto, costituisce l’epilogo di una complessa indagine, allo stato nella fase preliminare. Gli accertamenti eseguiti avrebbero disvelato il presunto meccanismo di evasione connesso all’importazione, distribuzione e vendita, sul territorio nazionale, di capi di abbigliamento provenienti dall’Estremo Oriente e commercializzati da operatori cinesi.

Fatture per operazioni inesistenti

Nel dettaglio, le sette imprese (società e ditte individuali) interessate dal provvedimento cautelare hanno annotato in contabilità fatture che sono state ritenute relative a operazioni inesistenti, poi confluite nelle rispettive dichiarazioni relative agli anni dal 2016 al 2020, per un imponibile di 39 milioni di euro circa, cui corrisponde l’Iva sottoposta a sequestro.

Inoltre, l’analisi della documentazione sequestrata nelle numerose perquisizioni eseguite a febbraio nonché dei flussi di fatturazione attiva e passiva di alcune imprese operanti presso il centro ingrosso Cina di Padova ha permesso di individuare una moltitudine di operatori economici che, dagli elementi raccolti, risulterebbero “imprese cartiere”, in quanto caratterizzate da elevati indici di pericolosità fiscale, riconducibili formalmente a persone asiatiche localizzate prevalentemente nelle province di Prato e Milano e con connivenze societarie in Grecia, Slovenia e Ungheria. Singolare il fatto che i fornitori, che emettono le fatture, risultino vendere molta più merce di quella acquistata. Inoltre, ’ingente flusso di denaro verso l’estero lascia intendere come le imprese oggetto d’indagine siano strutture funzionali alla creazione di liquidità, provento delle frodi fiscali, da inviare in Cina.

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