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Cronaca

Il conte Barozzi si prepara a parlare: "Pronto a fornire nuovi nomi al gip"

Domani in carcere alle 8.30 interrogatorio di garanzia per il 70enne veneziano che si è consegnato ai carabinieri lunedì sera. Secondo quanto anticipato fornirà ampia collaborazione

Domani mattina alle 8.30 il conte Cristiano Barozzi potrà finalmente dire tutto quello che sa. Il gip Alberto Scaramuzza, infatti, darà il via a un interrogatorio di garanzia in carcere che si prospetta molto lungo. Se il 70enne veneziano accusato di essere la "mente" di un'organizzazione dedita ai furti di opere d'arte, come annunciato, deciderà di parlare, gli inquirenti prenderanno carta e penna. Perché sono ancora decine i quadri sostituiti con stampe litografate ancora da trovare, e Barozzi, che si è consegnato ai carabinieri lunedì sera dopo una latitanza a Santo Domingo, potrebbe fornire informazioni fondamentali per chiudere il cerchio.

 

Potrebbe, inoltre, "ridistribuire" le responsabilità all'interno dell'organizzazione di cui faceva parte. E il 70enne sarebbe soprattutto pronto a fare altri nomi agli inquirenti non ancora lambiti dalle indagini. Domani mattina, quindi, le intenzioni sarebbero quelle di scoperchiare il calderone per poi riuscire a ottenere in tempi rapidi gli arresti domiciliari. E di passaggi, conoscenze, compravendite da spiegare ce ne sono molte.

L'uomo, secondo l'accusa, è considerato la "mente" della serie di furti che negli ultimi dieci anni sono stati messi a segno in alcune ville venete, tra cui la "Casetta Rossa di D'Annunzio", ai civici 2707, 2708 e 2709 del sestiere di San Marco. Lì sono stati rubati 14 quadri e alcuni mobili antichi per un valore di 300mila euro. Non è andata meglio a un'abitazione in campo San Maurizio, "depredata" di nove dipinti per un valore di 250mila euro. In più colpita anche un'abitazione di vicolo da Mula. In "terraferma", invece, colpi anche a San Pietro di Stra e Schio.

I primi a finire in manette sono stati due domestici di origine bengalese, che costituivano la "chiave" per penetrare nelle abitazioni. Uno dei due, messo alle strette, avrebbe raccontato tutto. Inguaiando così, oltre il "principe", anche Claudio Mella, 56enne padovano dipendente della Soprintendenza ai Beni culturali euganea, e Claudio Celadin, 60enne veneziano, che aveva lavorato in uno studio fotografico. Quest'ultimo intanto è uscito dal carcere con l'obbligo di dimora a Venezia, avrebbe dichiarato agli inquirenti che lui non era a conoscenza di quanto avveniva, aveva solo scattato alcune foto a dei quadri su richiesta.

Secondo quanto dichiarato dai carabinieri, venivano scelti con cura gli obiettivi: finivano nel mirino opere posizionate in zone d'ombra delle case, in maniera che i proprietari, spesso assenti, non si potessero accorgere che al posto di una tela dipinta c'era una serigrafia. Le tele venivano tagliate e al loro posto venivano inseriti i falsi, opportunamente anticati con delle vernici e tirati agli angoli da alcuni cunei. Nessuno si era mai accorto di niente perché veniva mantenuta la cornice originale. Sono stati i carabinieri della compagnia di Mestre a far "aprire gli occhi" ai proprietari. La refurtiva poi veniva rivenduta.

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