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Cronaca Dolo

«Ivan Busso morto per una polmonite batterica», 12 medici indagati

Il 42enne era stato ricoverato con Covid all’ospedale di Dolo, ma il medico legale sostiene che le cause del decesso siano altre

A essere fatale a Ivan Busso potrebbe non essere stato il Covid ma una polmonite batterica seguita al contagio: questa la prima conclusione cui è giunto il medico che ha effettuato l’autopsia. Con la conseguenza che il pm  Roberto Terzo, che ha aperto un procedimento penale sulla scorta dell’esposto della vedova, nei giorni scorsi ha iscritto nel registro degli indagati, come atto dovuto, 12 sanitari in servizio all’ospedale di Dolo che hanno avuto in cura il giovane falconiere. 

Il decesso classificato da coronavirus di Busso, che risiedeva a Malcontenta, aveva colpito profondamente la comunità, anche per la sua giovane età (42 anni), perché non soffriva di patologie pregresse e per la sua lunga battaglia contro il virus: era stato ricoverato a Dolo il 9 dicembre 2020 ed era morto l'1 gennaio. Non solo: in un mese, il virus si era portato via in sequenza anche la mamma e il papà. 

La moglie Elisa, assistita da Studio 3A, ha spiegato di non avere nulla contro i medici e di comprendere la difficile situazione nella quale si sono trovati a operare (in Terapia intensiva a Dolo, dove il 42enne è stato curato per gran parte del tempo), ma non riusciva a capacitarsi di come Ivan, che il Covid lo aveva superato - era stato estubato e i tamponi a cui si era sottoposto il 22 e 24 dicembre avevano dato esito negativo - potesse aver contratto ben due batteri durante il ricovero: in particolare uno, l’Acinetobacter, assai resistente e di cui i sanitari non riuscivano ad avere ragione, nonostante gli svariati antibiotici provati.

Sono stati acquisiti i nominativi dei dottori che hanno seguito il falconiere, tutti dell’unità operativa anestesia, rianimazione e terapia antalgica, e con atto del 3 agosto del pm sono stati formalmente iscritti nel registro degli indagati con l’ipotesi di reato di omicidio colposo, anche per dare loro modo di partecipare con propri consulenti di parte alle operazioni peritali, sospese dal Ctu dopo che per l’appunto erano emersi elementi indiziari a carico dei sanitari intervenuti nel trattamento.

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