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Cronaca

Beni culturali, dopo il corteo c'è l'incontro con il ministro

I lavoratori di Venezia e del Veneto hanno incontrato giovedì Dario Franceschini per illustrargli i problemi del settore: in particolare il mancato pagamento dei salari accessori arretrati, la mancanza di investimenti e assunzioni

Un lungo corteo in occasione del festival del cinema di Venezia, che ha fatto molto rumore, e giovedì mattina l'incontro con il ministro Franceschini: è la due giorni dei lavoratori del settore dei Beni culturali e di Cgil, Cisl e Uil che hanno chiesto a gran voce risposte per una situazione lavorativa che giudicano ormai insostenibile.

Sul piatto in particolare il mancato pagamento dei salari accessori arretrati, la mancanza di investimenti e assunzioni, nel Veneto finora solo quella della Direttrice della Gallerie dell’Accademia e la mancanza, insomma, di un vero e proprio piano di sviluppo del settore.

A tale proposito al Ministro è stato consegnato un documento proprio a firma delle Segreterie regionali FP CGIL, CISL FP, UIL PA:

"Egregio On.le Ministro Franceschini,

oggi ci sono qui a manifestare in occasione dell’Inaugurazione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia i lavoratori degli Uffici periferici veneti del MiBACT. Manifestiamo perché siamo fermamente convinti che per un sistema dei Beni culturali all’altezza del nostro patrimonio e del nostro territorio, dobbiamo ripartire dal lavoro e dalla valorizzazione delle professionalità dei lavoratori.

Nonostante il clima riformistico, quanto richiesto da anni non lo vediamo realizzarsi nella gestione delle Soprintendenze e nei Musei del territorio di Venezia

Vi è assoluta mancanza di un piano serio di investimenti pubblici sul settore, Nonostante la Sua Riforma i musei autonomi e tutti gli altri non hanno risorse significative e quelle che ci sono ogni anno sono soggette a tagli che di anno in anno aumentano, dimezzando i finanziamenti dell'anno precedente.

I lavoratori, oltre al blocco dei contratti nazionali, attendono il pagamento del salario accessorio arretrato e riferito a prestazioni, ovvero servizi, già svolti (quelle degli ultimi mesi del 2014 e del 2015).

È un diritto sacrosanto per chi lavora con i cittadini e i visitatori il giusto riconoscimento economico e professionale. Questo non arriva per lacune gestionali degli uffici di dirigenza e per un meccanismo farraginoso che penalizza sempre e solo i lavoratori.

In realtà viene sottovalutata la cronica carenza di organico del Ministero; se il Patrimonio culturale è la ricchezza inalienabile del Paese, per far funzionare l'intero sistema servono le persone: architetti, archivisti, bibliotecari, storici dell’arte, restauratori, e tutto quel personale di vigilanza e accoglienza che rende fruibile Musei, Aree Archeologiche, Gallerie, Archivi e Biblioteche nonostante una dirigenza spesso assente o poco utile. Sgombrando il campo da qualsiasi polemica, fino ad ora possiamo registrare una sola nuova assunzione nel Veneto: la Direttrice delle Gallerie dell'Accademia.

La Sua riforma non ha portato assunzioni o incremento di personale ma solo richiesta di maggiori servizi. Manca da sempre un piano di assunzioni e la dotazione organica approvata ad inizio agosto, apre scenari di mobilitazione coatta assolutamente inaccettabili per i dipendenti che in questi anni hanno retto la baracca.

Non vengono riconosciute le reali professionalità che quotidianamente operano nella tutela e nella valorizzazione. Si pensi che su scala nazionale operano centinaia fra archeologi, architetti, storici dell'arte, funzionari amministrativi e bibliotecari che attendono dal 2007 il riconoscimento della loro reale qualifica. In un suo recente intervento in Parlamento, ha precisato che l'impedimento risiederebbe nell'art. 24 del D.Lgs. 150/2009, non capiamo allora perché un'attività di riforma così massiccia non riesca a modificare piccoli cavilli che tengono bloccato questo Paese.

Abbiamo motivo di credere che quanto qui auspicato non sarà reso possibile dalla cosiddetta “riforma Madia”, perché nell'accentramento attorno ai Prefetti regionali di poteri così specifici e nella facilità con cui si formerebbe il silenzio assenso nei procedimenti amministrativi, noi vediamo un chiaro segno di rottura del sistema delle tutele, nonché una chiara contrapposizione ai principi che hanno ispirato la Sua riforma del MiBACT.

Siamo stanchi di giustificare disorganizzazione e disservizi. Il sistema MiBACT vogliamo cambiarlo noi, con maggior qualità, più attenzione all’utenza, più benessere organizzativo, più coinvolgimento dei lavoratori".

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