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Cronaca Murano

Murano ha perso il suo maestro: addio a Pino Signoretto, artista della tradizione del vetro

Personaggio noto a livello internazionale, è spirato sabato all'età di 73 anni. Punto di riferimento per decenni per il settore. I funerali mercoledì nella chiesa di San Donato

Venezia perde uno dei suoi maestri, un fuoriclasse in piena regola dell'arte vetraria. Murano e tutto il centro storico sono in lutto per la morte, avvenuta sabato al termine di una malattia, di Pino Signoretto. A 73 anni era ancora uno dei punti di riferimento per coloro che volevano approcciarsi alla tecnica di produzione del vetro.

I riconoscimenti

Nel 2016, vista la sua carriera di successi, Signoretto venne insignito del premio Mam-Maestro d'Arte e Mestiere,  assegnato ai 75 artigiani migliori d'Italia. "Da giovane lavorò a tu per tu con alcuni dei più grandi maestri muranesi del vetro, da Alfredo Barbini a Livio Seguso, Ermanno Nason e Angelo Seguso", dichiararono gli organizzatori della kermesse. Dopodiché Signoretto spiccò il volo e negli anni Sessanta divenne il maestro dei maestri.

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Le collaborazioni

Collaborò con artisti e architetti come Vedova, Licata, Del Pezzo, Vitali, Pomodoro. Si susseguono svariati successi e alla fine degli anni "80 si recò in Giappone per una dimostrazione al cospetto della famiglia imperiale. Dai primi anni '90 si diede da gare per difendere la tradizione vetraria muranese insegnando e tramandando i segreti di un settore sempre più minato dalle produzioni industriali di massa. Nel 2001, in quest'ottica, insegnò all'Accademia di belle arti di Venezia. I funerali sono previsti il 3 gennaio alle 11.30 nella Chiesa di San Donato a Murano. 

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Il suo autoritratto

"Il vetro questo Signore incontrastato della mia vita, questo despota che mi costringe, schiavo felice, a realizzarmi davanti al fuoco che consuma ma materializza le mie fantasie e la mia capacità, esige pronta, diretta, partecipe assonanza - scriveva di sé Signoretto - Sono cresciuto alla dura scuola di un maestro impareggiabile, Alfredo Barbini, che molto dileggiava il mio desiderio di imparare e di realizzare; il colpo che dava alla canna distruggendo qualcosa che stavo creando voleva dire 'insisti ragazzo prova l'incomprensione, le difficoltà che ti attendono in avvenire, considera la fragilità della tua creazione che un soffio può distruggere. Persevera ragazzo perché se sarai caparbio, duro, costante arriverai ad appagare il tuo desiderio, quel tuo sentire di forme e colori che intuisco esistere in te e che ti auguro potrai raggiungere'. Su questa strada ho proseguito: ora gli altri mi chiamano maestro, ma nel mio io so quanto ancora devo imparare. Ad ogni modo sono orgoglioso di essere un maestro vetraio, titolo che la Serenissima, otto secoli fa, considerava pari a quello dei patrizi. Per il maestro era nobiltà d'arte, per il patrizio nobiltà di sangue. Il maestro vetrario non può tornare indietro: il suo segno rimane, indomabile, non gli è permesso sbagliare".

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