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Cronaca Castello / Arsenale

Mose: "Arsenale e magistrato alle Acque erano in mano al Consorzio"

Roberto Pravatà nell'ordinanza spiega come i bacini di carenaggio venissero usati per scopi privati e l'80% degli atti dell'organo veneziano fossero in realtà documenti prodotti e avallati dal gruppo di Mazzacurati

Riga dopo riga l'ordinanza-fiume (sono oltre 700 pagine) sull'inchiesta Mose continua a far luce su dettagli inquietanti della politica e dell'imprenditoria illecita che avevano piantato le loro radici nei fondali molli della laguna. Destano particolare indignazione, in questo senso, le dichiarazioni rilasciate nel corso delle indagini dal vice presidente del Consorzio Venezia Nuova, Roberto Pravatà, che davanti ai pm avrebbe raccontato di come non solo Giovanni Mazzacurati e Piergiorgio Baita utilizzassero l'Arsenale per i loro obiettivi personali, ma addirittura avrebbe descritto il sistema di controllo che il Cvn era riuscito ad organizzare per il magistrato delle Acque dove, secondo Pratavà, “l'80 per cento degli atti erano firmati dal Consorzio”.

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SPAZIO PUBBLICO O PRIVATO? - L'Arsenale di Venezia, solo da pochi anni riaperto al pubblico, dall'inverno scorso ospita proprio la sede del Consorzio e nelle intenzioni dei progettisti dovrà trasformarsi anche nel centro nevralgico del sistema di gestione del Mose. Eppure nel frattempo qualcosa all'interno si muoveva: “Il Cvn – spiega nell'ordinanza Pravatà - aveva la concessione in esclusiva di una vasta porzione dell'Arsenale ai fini della manutenzione e gestione del Mose, ad un corrispettivo pressoché irrisorio. E ciò era disciplinato da una convenzione stipulata dal Cvn con l'agenzia del Demanio”. La Mantovani, però, sfruttò i bacini di carenaggio “per fare ben altre attività, effettuando opere diverse, nel proprio interesse, quali costruzioni di piloni o manutenzioni di navi”. Eppure “il nolo di bacini di carenaggio normalmente è enormemente più costoso. Mazzacurati – racconta ancora il numero due del Cvn - sostenne che anche se non era prettamente oggetto della convenzione, era un modo di dare lavoro. Mazzacurati e Baita cercarono di creare consenso organizzando una festa per la riapertura dell'Arsenale alle attività produttive”. E alla festa, stringendo mani e complimentandosi con tutti, ci sarebbe stato anche Giancarlo Galan.

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SERVITORI DI DUE PADRONI – Ancora più allucinanti le dichiarazioni sul magistrato delle Acque, che secondo Pravatà era divenuto di fatto un'estensione del Consorzio: “Il Cvn attraverso vari personaggi predisponeva fisicamente tutta la documentazione di competenza degli uffici del magistrato. In realtà l'80 per cento degli atti formalmente redatti dal magistrato delle acque vengono materialmente prodotti dal personale del Cvn”. L'ingegner Maria Teresa Brotto si sarebbe occupato degli atti riguardanti le opere civili interne, l'architetto Alberto Bernstein di quelle di carattere ambientale. Addirittura, secondo il vicepresidente del Consorzio, “la circostanza era di pubblico dominio tra gli addetti ai lavori”. Ancora più stretto il controllo sul Comitato tecnico, l'organo deputato all'approvazione dei progetti e delle varianti presentati da Mazzacurati: “Una settimana prima delle riunioni ufficiali se ne teneva una informale nel corso della quale potevano essere individuati eventuali dissidenti. Il luogo era lo stesso ove poi si tenevano quelle formali. Il presidente nella settimana successiva poteva 'ricondurre alla ragione' i dissidenti ed ottenere i consensi”. Ultima goccia in un mare di illeciti, a sentire Pravatà i collaudatori delle opere “spesso non erano nemmeno ingegneri, come dovrebbero essere”.

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