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Cronaca San Marco

Mose, esclusi problemi di liquidità

Ingegneri all'Ateneo Veneto. D'Alpaos: «Non risponderà agli obbiettivi per cui era stato pensato». Pasqualon: «La soluzione Rotterdam non avrebbe avuto la Via». Papa: «Il 12 novembre un ciclone tropicale»

Aula Magna e sala al primo piano dell'Ateneo Veneto gremite. Sabato gli ingegneri sono tornati a parlare  di Mose nel convegno organizzato in campo San Fantin. Gianluca Pasqualon, Alvise Papa, Fabrizio Curcio, Luigi D'Alpaos, Enrico Foti, fra gli intervenuti, mentre la tavola rotonda ha visto intervenire al centro sala Roberto Scibilia, Elisabetta Spitz e Cinzia Zincone. Sono proprio le ultime, rispettivamente commissario e provveditore alle opere pubbliche a escludere problemi di liquidità, assicurando l'impegno dello Stato a intercedere negli istituti bancari per fornire le garanzie che, come ribadito dal presidente dell'associazione costruttori edili di Venezia, Giovanni Salmistrari, sono mancate alle ditte che lavorano per il consorzio Venezia Nuova, per farsi pagare i lavori.

I problemi

«Il Mose è un’opera unica al mondo: nessuno ha mai fatto delle chiusure di braccia di mare o lagune con installazioni sommerse come si è fatto qui a Venezia – ha dichiarato Mariano Carraro, presidente dell’ordine Ingegneri di Venezia -. È un’opera che costa oltre 5 miliardi e mezzo e che costerà ulteriormente per la sua manutenzione, ma è straordinaria rispetto a qualunque altra opera di tipo analogo che è stata fatta nel mondo. I problemi ci sono. L’opera è ultimata al 93% e sarebbe un errore non completarla». «Riteniamo irrinunciabile il completamento dell’opera - ha detto Pasqualino Boschetto presidente della federazione ordini ingegneri del Veneto - per mettere in funzione il Mose».

Gli obbiettivi

«Un'opera compiuta nella riservatezza più assoluta», il commento dell'ingegner Luigi D'Alpaos all'inizio del suo intervento. «Innanzitutto va chiarito attraverso un documento scritto se esista o no il problema di risonanza per queste strutture - ha continuato - Ma in ogni caso ci sono problemi, per ora latenti, che si prospetteranno nel breve e medio periodo. Innanziatutto le scelte progettuali inappropriate». Lo scrive in un volantino, che non può presentare al tavolo del convegno perché non è fra gli interventi programmati, anche l'ingegner Vincenzo Di Tella. «È indispensabile una verifica delle opere attraverso modelli matematici come quelli della società francese Principia, per verificare il comportamento dinamico delle 4 schiere di paratoie e escludere che siano in risonanza sub armonica, ovvero instabili - scrivono Di Tella, Gaetano Sebastiani e Paolo Vielmo -  Questa analisi è stata fatta eseguire dal Comune di Venezia nel 2007-2008 per le paratoie di Malamocco. E aveva dimostrato che non era possibile simulare la dinamica di risposta dell'intera barriera per l'instabilità delle paratoie in quella bocca».

Le compatibilità

Anche la stima dell'innalzamento del livello del mare, fatta all'epoca, secondo D'Alpaos non è più adeguata. Seguendo l'aggiornamento delle previsioni di Ipcc (gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) quelli di oggi sono valori «di gran lunga superiori a quelli valutati tra il 1988 e il 2002, con una stima di 7 millimetri all'anno. Nel quinto rapporto Ipcc del 2013 l'innalzamento del livello mare nel 2100 è confermato su valori di oltre 40 centimetri, supponendo di riuscire a contenere l'aumento della temperatura. All'interno della laguna, inoltre - dice  D'Alpaos - l'acqua entra al Lido e Malamocco ed esce dalla bocca di Chioggia, che mitiga i livelli di marea nella parte meridionale: se chiudiamo l'uscita sarà impossibile e innalzerà i livelli di marea e a bocche chiuse questo fenomeno verrà esaltato». Anche nelle previsioni più ottimistiche, spiega D'Alpaos sarebbe necessario chiudere le bocche per circa 2000 ore, ma negli anni più disgraziati anche per 4500. Vuol dire chiudere la laguna per metà anno, in autunno, a primavera ma anche d'estate, perché il meccanismo per funzionare deve essere attivato per tempo e durare per tutta la durata degli episodi. Ecco perchè, spiega l'ingegnere, ci sarebbero problemi di compatibilità con le crociere e con il funzionamento del porto commerciale. «La difesa dalle maree, le esigenze portuali, quelle turistiche, quelle ambientali e quelle di tutela dei monumenti storici e delle abitazioni, sono interventi difficili da contemperare e si dovrà scegliere quale obiettivo privilegiare».

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Il consorzio

«Un progetto di queste dimensioni se non avesse criticità mi preoccuperei - commenta Enrico Foti, consulente del consorzio Venezia Nuova dopo l'intervento di D'Alpaos -. Il 12 novembre scorso se avessimo chiuso due bocche sarebbe stato già utile il Mose, riducendo di una cinquantina di centimetri la marea, da 187 a 136. Io penso che il Mose sia meglio di come ce lo immaginiamo e più flessibile di come lo immaginiamo. Credo possa far diventare Venezia un sistema resiliente migliorando le caratteristiche del sistema dopo lo shock. Alcune paure del professor D'Alpaos sono eccessive. Il Mose può diventare l'opera simbolo di Venezia». 

Il "ciclone" del 12 novembre

La capacità progettuale dell’ingegneria e quella realizzativa dell’imprenditoria italiane offrono ampie garanzie che il raggiungimento dell'obiettivo, secondo gli ingegneri. Forse mitigando effetti dirompenti di eventi come quello del 12 novembre, secondo Alvise Papa del centro previsioni e segnalazioni maree di Venezia. «Quello che si verificò in quella circostanza fu qualcosa che stiamo ancora studiando. La pressione improvvisamente calò (in circa 40 minuti) a un velocità incredibile. Ma continuarono a persistere i venti da nord, girando in sette minuti con una rotazione di 360 gradi. A Punta della Salute il picco fu improvviso, in bacino San Marco, davanti al Danieli, si avvertì un tuono, raffiche d'aria violente, volarono via le passerelle, poco più in là fu sollevato il vaporetto e l'edicola venne sradicata: un ciclone tropicale. Tutti gli indicatori e i parametri da manuale confermano che si trattò di un ciclone anomalo nella nostra area».

L’ultimazione dell’opera, secondo la comunità degli ingegneri, «non ammette più ritardi, ripensamenti e incertezze decisionali. Si rende necessario individuare un gestore e una cabina di regia che coinvolga tutti gli Enti interessati e che definisca la metodologia e le regole atte a consentire la chiusura temporanea delle bocche di porto, assicurando tempestività decisionale ed operatività». L'entrata in funzione del Mose, come anticipato, sarà a luglio 2020 - per il commissario Elisabetta Spitz - e da lì si andrà verso il completamento definitivo, previsto per fine anno. Nei primi mesi del 2021 ci sarà un periodo di verifiche e collaudi».

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