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Musolino: «Ecco cosa blocca la navigabilità di Porto Marghera» e cosa si rischia

Il presidente dell'Autorità portuale fa il punto della situazione in Marittima, all'indomani dell'ordinanza emanata dalla Capitaneria di porto che ha posto nuovi limiti ai pescaggi di alcune categorie di portacontainer

«Centinaia di migliaia i metri cubi di fanghi già scavati, 600 mila solo nell'ultimo periodo, 23 i milioni di euro investiti a Venezia e 4 a Chioggia. Ma 300 mila metri cubi (100 mila di classe A, non inquinati, di cui 70 mila prioritari individuati dalla Capitaneria di Porto, restano da scavare, oltre ai 200 mila di tipo B, cioè inquinati) non possono essere rimossi, in modo da riportare al livello di navigabilità i canali di Porto Marghera», in base al piano regolatore portuale, ha spiegato mercoledì il presidente dell'Autorità portuale di Venezia, Pino Musolino. Il punto della situazione il presidente lo ha fatto in Marittima, all'indomani dell'ordinanza emanata dalla Capitaneria di porto, che ha posto nuovi limiti ai pescaggi delle navi commerciali, riducendoli per alcune categorie di portacontainer. Il pescaggio previsto dal piano è pari a 12 metri. Ma l'ordinanza del primo ottobre, in base alla lunghezza della nave, della presenza o meno dell'elica di manovra a prua, e al fatto che la navigazione sia notturna o diurna, ha posto le nuove misure (tabella della Capitaneria di Porto):

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«Abbiamo suggerito un atteggiamento più graduale, nelle more di un mese circa in cui nel frattempo avremmo continuato a scavare, per arrivare a quel milione di metri cubi che è necessario togliere, se non si vogliono perdere navi, ma non è stato accettato, in nome di un'esigenza di sicurezza che non possiamo far altro che accettare e che è prioritaria», ha spiegato Musolino. Ma il problema sta a monte. I dragaggi manutentivi per rendere i pescaggi adeguati sono bloccati. Da cosa? «Attendiamo il protocollo fanghi, da 24 mesi, e le competenze, da parte delle istituzioni locali e nazionali, per adeguare i siti di conferimento dei fanghi e le opere di protezione della cassa di colmata B, per contenere i fanghi. Le casse non potranno essere finite in assenza del nuovo piano morfologico del provveditorato alle opere pubbliche, che manca. «Ministero delle Infrastrutture, dell'Ambiente, provveditore, al momento vacante, Capitaneria, Regione, Città Metropolitana, Soprintendenza, attendiamo sblocchi autorizzativi da parte delle autorità competenti. Non da ultimo è necessaria l'innovazione sul modo di fare gli escavi», dice Musolino spiegando che mentre a Marghera si usa la benna del XV secolo, in paesi come l'Olanda utilizzano draghe che filtrano il sedime mentre lo asportano e lo mandano fino a 4 chilometri di distanza dal punto di prelevamento, usando i fanghi estratti e inertizzati per fare mattonelle. Intanto la nave portacontenitori più grande mai arrivata a Venezia, 8500 tonnellate, che doveva giungere a fine ottobre, non arriverà, svela Musolino. Con un danno non indifferente per l'immagine del Porto. Un fattore che avrebbe dato ulteriore spinta alla costruzione della Zes, all'area di crisi complessa, per cui sono stati stanziati 27 milioni di euro, alla via della seta. «Se al porto si interra tutto questo rimane teoria da manuale», dice.

L'occupazione

I sindacati, appena appresa l'ordinanza, si sono fatti sentire. «Non diciamo 13, 14 metri - afferma Toni Cappiello della Filt Cgil Veneto - ma almeno i 12 stabiliti. Ogni 10 centimetri in meno di pescaggio sono 100 portacontainer che non entrano. Le compagnie, che programmano i percorsi uno o due anni prima,  mica mandano le navi allo sbaraglio, non sapendo se potranno attraccare. Manca un programma e in mancanza di certezze le navi cambiano strada, mentre i lavoratori portuali finiscono in cassa integrazione». Dove conferire i fanghi resta un problema. Il Vallone Moranzani al momento è bloccato, resta l'isola delle Tresse, dove si potrà aumentare, anche se di poco, la capienza contenitiva. Poi ci sono le casse di colmata A e B. Ma lì c'è il problema delle palancole. Pur essendo state autorizzate quelle in metallo dalla commissione Salvaguardia, per una spesa di circa 8 milioni di euro, e una durata ventennale, resta l'opzione legno, voluta da comitati come Italia Nostra, «soluzione che ha una spesa troppo alta e una durata troppo breve», dice Musolino. C'è poi il Molo Sali, dove si continua a operare. Altri siti devono essere individuati. «Se vogliamo salvare l'85% dei 2200 ettari di Porto Marghera bisogna convincersi che per accedervi c'è una sola via, quella lagunare - conclude Musolino -. Senza protocollo fanghi si rischia di rimanere senza permessi e senza soldi, se a un certo punto quelli accantonati non potranno essere utilizzati. In due mesi noi siamo in grado di far ripartire il sistema».

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