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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Vino, armi e «Fame un piasere»: così la 'Ndrangheta governava il paese

L'inchiesta della procura distrettuale antimafia di Venezia, affidata ai carabinieri, ha fatto emergere uno spaccato inquietante su un Veneto che "chiede i favori" a malavitosi

Sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi
A far promesse senza mantenerle mai se non per calcolo
Il fine è solo l'utile, il mezzo ogni possibile

Queste parole, scritte da Frankie hi-nrg mc, Francesco Di Gesù, ormai più di 20 anni fa, dipingono perfettamente l'affresco ricostruito in modo meno poetico ma sicuramente più dettagliato dal GIP veneziano, Barbara Lancieri, sugli arresti eseguiti qualche giorno fa tra Verona, Venezia, Vicenza fino a Crotone, che hanno sgominato la 'ndrina della famiglia Multari, operante dagli anni '80 nella nostra regione. Le accuse lanciate dagli inquirenti, grazie alle indagini dell'Arma, sono pesantissime e vanno dall'associazione mafiosa alle estorsioni, violenze e minacce, trasferimenti fraudolenti di valori, incendi e tentate frodi processuali. Tutti reati che fanno parte dell'immaginario collettivo sullo scenario mafioso ma che, declinati in salsa veneta, assumono tinte originali e spaventose, da quanto sono vicine. Dall'impressionante faldone che ha dato origine al procedimento, abbiamo tratto alcune scene, che potrebbero essersi svolte tranquillamente sotto casa nostra. 

Nelle mani della 'ndrina

Aveva una fiorente impresa nel campo del legname, una bella famiglia, una posizione sociale: ora vive in una roulotte. E non è nemmeno stato lui a denunciare i suoi aguzzini, ma è stato rintracciato e convinto a testimoniare dai carabinieri del Ros di Padova. La sua rovina ha inizio circa nel 2007 quando incontra il boss Domenico Multari che gli propone un affare riguardante un appalto in una scuola di Lonigo. Da lì un baratro fatto di compravendite immobiliari, fallimenti, aste, a spese dalla vittima in favore del boss e dei suoi prestanome. L'uomo è stato depredato di centinaia di migliaia di euro. Non una parola è mai uscita dalla bocca dello sfortunato imprenditore, che gli inquirenti descrivono come letteralmente attanagliato dal terrore. In più casi la vittima è stata sottoposta all'esposizione delle "armature" a disposizione della famiglia Multari e dei loro sodali. In particolare viene citato l'episodio di un pranzo. L'imprenditore era stato invitato a scendere in cantina per scegliere delle bottiglie di vino ma gli sono state fatte trovare le armi. Non solo: in un'altra occasione il boss si è fatto "sorprendere" nell'atto di smerigliare una matricola da una pistola. Armi e minacce, oltre allo sbandierare un curriculum criminale, hanno fatto parte per lustri del modus operandi dei Multari. 

«Fame un piasere»

Le indagini hanno fatto emergere un tessuto sociale connivente con la malavita organizzata. Sono numerosi gli episodi citati in cui negozianti, allevatori, professionisti si rivolgono al boss per risolvere questioni varie, dai furti alle auto sospette, anziché chiamare le forze dell'ordine. Secondo gli inquirenti, la "signora Maria" del paesello si rivolgeva a lui confidando nelle sue conoscenze e nella sua capacità di esercitare potere negli ambienti criminali. Agli atti c'è una curiosa vicenda che riguarda un furto di pollame. Domenico Multari si è adoperato per fare da tramite tra il ladro e il derubato, mediando fino al ritiro della denuncia in cambio della restituzione della refurtiva. 

L'uomo che vendeva gli yacht

Fin qui (quasi) tutto bene poi la 'ndrina è entrata in contatto con il veneziano Francesco Crosera, di professione armatore. Le sue barche non sarebbero state del tutto impeccabili, tanto che un cliente, che aveva acquistato uno yacht per un milione e 400mila euro, ne chiedeva 300mila indietro per far fronte alle falle. Il Crosera decide di risolvere il problema dando fuoco alla barca, ormaggiata ad Alghero. Il boss ingaggia due malavitosi calabresi che, dopo alcune "spedizioni", avevano ritenuto il crimine troppo pericoloso, a causa dell'aparato di video sorveglianza del porto. Non soddisfatto il veneziano ingaggia due albanesi che, però cercano di fregarlo, con successo, informando il proprietario della barca, ovviamente chiedendo un cospicuo compenso. 

I colletti bianchi

Tra le migliaia di righe e le decine di nomi, ci sono anche quelli di alcuni professionisti, due sono stati oggetto di perquisizione a Lonigo, che erano le persone di fiducia della famiglia Multari. Non è improbabile che all'operazione del 12 febbraio ne seguano altre. 

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