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Cronaca Marghera / Via Carlo Alberto Radaelli

L'omicida di Cannizzaro incastrato da un'impronta dentro la villetta

Marcel Mustata, 21enne romeno, è destinatario di mandato d'arresto europeo per omicidio e rapina. Tanti punti di domanda ancora in piedi

"Siamo certi. Lui era lì al momento del delitto. L'assassino è lui". Investigatori e inquirenti sono sicuri di avere finalmente incastrato l'omicida di Alberico Cannizzaro, il sarto 79enne di Marghera ucciso ai primi di luglio da diversi fendenti sferrati con un coltello da cucina. Accusato del delitto è Marcel Mustata, 21enne romeno già con precedenti per reati contro il patrimonio. A metterlo nell'angolo frammenti di un'impronta digitale che ha permesso la svolta. Nessun dubbio, è il polpastrello del giovane. Individuato in un punto che lo pone senza ombra di dubbio sul luogo del delitto. E' possibile dunque che la sicurezza degli inquirenti sia da correlare al fatto che quest'ultima sia stata individuata sull'arma del delitto. Quel coltello da cucina impugnato poco prima dell'omicidio, che potrebbe denotare un raptus improvviso. 

Che il delitto non sia stato premeditato lo denota il fatto che il presunto colpevole non avrebbe utilizzato dei guanti e avrebbe colpito più volte la vittima. Si tratterebbe di un furto in abitazione finito in tragedia, anche se la squadra  mobile, assieme a tutti gli altri uffici della questura, ha ancora diversi punti interrogativi su cui trovare risposta. In primis il fatto che non ci siano segni di scasso. Quando nel pomeriggio del 2 luglio don Corrado Cannizzaro trovò il padre privo di vita sul pavimento della cucina in un lago di sangue le porte d'ingresso (due, una su piazzale Radaelli l'altra sul retro) erano chiuse, e anche le finestre. L'anziano si trovava da solo in casa almeno dal giorno prima. Dunque i due, vittima e assassino, si conoscevano? E poi il furto, di pochi monili di valore per lo più affettivo. Una reazione del genere per un colpo "normale"? Dettagli su cui la squadra mobile sta ancora lavorando, per questo motivo tra gli uffici della questura c'è ancora stretto riserbo sull'inchiesta. "Un'inchiesta che mai è stata accantonata - ha dichiarato il procuratore capo Adelchi D'Ippolito - perché è stato un delitto che ha scosso la collettività". Il questore Angelo Sanna ha sottolineato poi "le risposte che stiamo dando sul fronte della sicurezza". 

All'inizio le indagini hanno preso tutte le direzioni possibili. Sono stati ascoltati i vicini e i residenti del Lido, dove il 79enne in passato risiedeva. Sono state raccolte le impronte delle calzature, visto che sul luogo del delitto ne era stata isolata una non appartenente ai parenti della vittima. La svolta è arrivata nel momento in cui i frammenti di un'impronta digitale rilevata durante il primo sopralluogo della Scientifica hanno "combaciato" con quelle del 21enne, rimasto nel Mestrino per diverso tempo dopo il delitto. Frequentava gli edifici abbandonati di Marghera, in zona via della Pila. Ambienti in cui non è difficile imbattersi con giovani dediti ai furti, allo spaccio o alla prostituzione.

A un certo punto quindi si sapeva il nome del presunto omicida, ma non si sapeva dove fosse. Era sparito, consapevole forse dell'indagine in corso: è stata necessaria la collaborazione tra autorità romene e servizio per la cooperazione di polizia (Interpol e Sirene), oltre al servizio centrale operativo della direzione centrale anticrimine della polizia di Stato per arrivare alla successiva svolta: il ragazzo si trova detenuto in carcere in Romania, dove è accusato di violenza sessuale con sequestro di persona ai danni di una connazionale. Gli accertamenti sono stati portati a termine martedì, giorno in cui è stato emesso il provvedimento restrittivo con mandato di arresto europeo nei confronti del 21enne, inviato alle autorità estere nella tarda mattinata di mercoledì.

"Abbiamo dato la risposta che volevamo dare - commenta il questore, Angelo Sanna - a conclusione di un'indagine vecchia maniera". Mentre il procuratore Adelchi D'Ippolito parla di "una grande indagine, difficile perché non presentava certezze sul movente". Ed è proprio sul motivo che ha spinto il ragazzo a uccidere che restano i dubbi. Soddisfazione viene espressa da Angela Lauretta, dirigente della squadra mobile: "Abbiamo fatto giustizia alla memoria e ai famigliari del signor Cannizzaro, grazie a una sinergia di tutte le articolazioni della polizia di Stato e della Procura, oltre agli organismi centrali con le autorità romene". L'inchiesta in ogni caso non si chiude qua. Anzi. Gli inquirenti escludono con sicurezza che possa esserci stato qualche complice nell'abitazione di piazzale Radaelli, ma alcuni punti di domanda allo stato restano in piedi.  

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