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Cronaca Spinea

Uccise la suocera ma nessuno la scoprì, pena ridotta in Appello

I giudici della Corte d'Appello hanno condannato Massimiliana Cherubin, di Spinea, a 4 anni e 3 mesi. In primo grado la pena fu di 6 anni e 6 mesi

Pena ridotta in appello per Massimiliana Cherubin, la donna di Spinea che due anni fa confessò di aver ucciso la suocera Elisa Bozzi, 92enne, e di aver segregato la figlia. La Corte d'Assise d'Appello di Venezia mercoledì mattina ha quindi diminuito la pena di primo grado, passando da una reclusione di sei anni e sei mesi (con interdizione dai pubblici uffici) a quattro anni e tre mesi. E' stata riconosciuta anche l'attenuante del risarcimento del danno. Il suo avvocato, Andrea Faraon, aveva scelto la strada del rito abbreviato.

Il delitto venne perpetrato nella casa di Spinea dove abitavano entrambe le donne. Nessuno si accorse di nulla, tanto che il decesso dell'anziana passò come una "normale" morte per arresto cardiocircolatorio. Secondo il racconto di Massimiliana Cherubin, la donna a luglio 2011 mise un sacchetto di plastica in testa all'anziana inferma nel momento in cui la vide cadere dal letto. Poi, facendo pressione con i piedi sul petto della vittima, le sferrò un calcio in testa. Il pubblico ministero in primo grado non contestò a Massimiliana Cherubin il reato di tentato omicidio nei confronti della figlia 30enne, disabile mentale al 75%. La donna, però, dovette rispondere di sequestro di persona per tre casi: uno del 31 dicembre 2011, uno del 4 gennaio 2012 e uno nel 2007, quando rinchiuse la giovane disabile in cantina legandola con la catena del cane e minacciandola con un coltello.

Negli episodi più recenti la madre avrebbe legato con un foulard la figlia e le avrebbe infilato un sacchetto in testa. Non per ucciderla, secondo la sua versione. Per intimorirla e "metterla in riga". Questo perché il comportamento della giovane era molto sregolato e difficile da gestire. Poi la confessione, per la paura di non riuscire a fermarsi la prossima volta.

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