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Cronaca Fondamenta Santa Lucia

"Ero sotto l'effetto di stupefacenti" Si è costituito Lorenzo Manavella

Il 25enne vercellese venerdì si è consegnato alla polfer di Venezia. I vestiti sporchi di sangue. Sono stati uccisi a Santhià i nonni e la zia

"Forse ero sotto l'effetto di stupefacenti". Sguardo basso, qualche lacrima. Non se l'è ancora riuscito a spiegare nemmeno lui quello che ha combinato. Lorenzo Manavella, 25 anni, ha trascorso quasi cinque ore di limbo in laguna. Una città che certo non era entrata nella sua quotidianità. Lui che ha sempre abitato in Piemonte, a Santhià. Un paese di novemila anime tra le risaie vercellesi. "Forse ho problemi di testa", avrebbe detto a un certo punto. Continuando ad arrovellarsi per quello che era successo la mattina. O forse la sera di giovedì.

Gli anziani nonni che abitano nella porzione di bifamiliare adiacente trucidati con ferocia con un corpo contundente. Forse un soprammobile, forse il primo oggetto che Lorenzo, promessa della pallavolo, ha avuto tra le mani. A cadere sotto i colpi feroci del giovane anche la zia. Trovata distesa su un letto senza vita. E' stata una scena straziante quella che si sono trovati davanti agli occhi vigili del fuoco e sanitari del Suem una volta entrati nell'abitazione dell'orrore. Così come per Lorenzo sarebbe stato straziante mostrare il proprio volto alle telecamere. Era una delle sue preoccupazioni più pressanti mentre era seduto su quella seggiola, mentre rappresentanti delle forze dell'ordine continuavano a fare la spola dentro e fuori l'ufficio della polizia ferroviaria di Venezia Santa Lucia.

Verso le 20 il giovane è stato fermato nello scalo da una pattuglia della polizia ferroviaria. Sembrava in stato confusionale. Poi c'erano quelle scarpe e quei pantaloni macchiati di sangue. Alla fine è stato il 25enne a consegnarsi. "Avevo paura dei carabinieri di Vercelli", avrebbe spiegato. Allora via, fino alla laguna. Chissà perché poi. Quindi la decisione di costituirsi alla polfer e spiegare che sì, era stato lui a uccidere. Ripetutamente. Ma se prima qualche sostanza potrebbe aver offuscato la mente de 25enne, poi invece la consapevolezza di ciò che aveva combinato ha fatto capolino nella sua coscienza.

Ed è arrivata la disperazione. Le lacrime a tratti hanno rigato le sue guance. Lo sguardo il più delle volte è rimasto basso. Ma non c'era più alcuna illogicità nelle sue parole. Davanti agli inquirenti il 25enne avrebbe anche ripercorso in parte ciò che era successo nel suo paese. Ma la domanda cruciale cui per ora nemmeno Manavella è riuscito a darsi una risposta è "perché?" Perché tanta ferocia? Lacrime, tristezza. A un certo punto la richiesta di una sigaretta per stemperare la tensione. Qualche succo di frutta per la sete. Ma la disperazione non se ne andava. E forse non se ne andrà più. Poi i flash dei fotografi mentre dalla stazione a piedi il ragazzo è stato caricato a bordo di una barca dei carabinieri alla volta di piazzale Roma. Per poi continuare il suo viaggio fino al carcere di Vercelli. Vicino a casa sua. Vicino alla casa degli orrori.

Le vittime dell'omicidio plurimo di venerdì mattina sono Tullio Manavella, 85 anni, ex direttore delle Poste del paese piemontese; sua moglie Pina Bono, 78 anni, casalinga e invalida, e Patrizia Manavella, la figlia della coppia di 56 anni. Il corpo senza vita della zia era su un letto della casa di famiglia, con molte ferite inferte con un colpo contundente o un punteruolo, alcune delle quali al capo. La morte potrebbe risalire alla sera del 15 maggio. Il nipote risiedeva nella porzione adiacente della bifamiliare in cui vivevano i suoi nonni. Giovedì si trovava da solo in casa, poiché il padre era partito per la Sardegna per un corso di aggiornamento professionale.

I vicini hanno riferito di averlo visto andare ancora giovedì a salutare i nonni, con i quali - dicono - aveva un ottimo rapporto. Ma da venerdì mattina di Lorenzo si erano perse le tracce. Il suo cellulare risultava "irraggiungibile". In mattinata lo aveva cercato anche il padre dalla Sardegna, il primo a sospettare che a casa a Santhià potesse essere successo qualcosa. Perché Gianluca Manavella aveva dapprima chiamato a casa dei genitori, ma non aveva avuto risposta. Così aveva cercato sul cellulare prima la sorella Patrizia, poi il figlio Lorenzo. Ancora nessuna risposta. Allora - preoccupato - aveva chiamato l'amico presidente della squadra di pallavolo di Santhià, dove lavora come allenatore, e gli aveva chiesto il favore di andare a controllare. L'amico arriva in via Marconi, citofona a lungo, senza risultato. In quel frangente arriva la badante che assiste i due coniugi, e che ha la chiave di casa. Ma la chiave non entra nella toppa. Allora si decidono a chiamare 118 e vigili del fuoco. I quali sfondano la porta, entrano in casa e trovano i corpi.

LA PARTENZA ALLA VOLTA DI PIAZZALE ROMA

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