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Cronaca Lido / Piazzale Santa Maria Elisabetta

Ex ospedale al Mare, il progetto dei resort «presentato a porte chiuse» non piace

Comitati e cittadini del Lido mobilitati giovedì in piazzale Santa Maria Elisabetta: «Ci dicano che ne sarà del monoblocco, delle piscine e del centro di salute mentale»

Mobilitati «a difesa del territorio e del presidio sanitario», ma soprattutto per capire cosa ci sia dietro il mega progetto dei resort all'ex ospedale al Mare del Lido, «presentato a porte chiuse». Movimento per la difesa della sanità pubblica e comitato Lido d'amare, giovedì con bandiere e striscione in piazzale Santa Maria Elisabetta, hanno sfidato caldo record e temperature africane «per una battaglia storica». Dall'Ulss3 si ribadisce quanto già affermato: «Massimo impegno per mantere inalterati i servizi sanitari dell'isola e in una posizione centrale e di facile accesso».

Il progetto

“Un nuovo investimento per il Turismo”, questo il nome del piano, promosso dal gruppo Cassa Depositi e Prestiti sull'isola, prevede la realizzazione di un insediamento alberghiero gestito dal gruppo Th Resorts e di un villaggio turistico Club Mediterranée, per un totale di 525 camere e un investimento di di 135 milioni di euro, che si stima creerà circa 500 nuovi posti di lavoro.

Ex ospedale al Mare del Lido

Il trasferimento

«Il monoblocco per il Lido è un nervo scoperto - ha detto la presidente di Lido d'amare, Daniela Milani - vogliamo proteggere il nostro territorio. Perchè presentare un progetto destinato a cambiare il futuro dell'isola a porte chiuse, dentro la chiesetta dell'ospedale? Faremo vedere che ci siamo». «Quello dell'Ulss 3 è un silenzio assordante, ci aspettavamo che il dirigente Giuseppe Dal Ben venisse al Lido a parlare con la Municipalità del trasferimento dei servizi socio sanitari, compreso il centro di salute mentale - afferma Salvatore Lihard del movimento a difesa della sanità pubblica veneziana -. Da notare che nel rendering non c'è il monoblocco - prosegue - E per questo ospedale nessun progetto è andato in porto: né il palazzo del cinema, né quello del rafforzamento dei servizi sanitari. Trasferire servizi socio sanitari nella sede dell'ex accettazione dell'ospedale al mare è impossibile, perché la sede è troppo piccola. Inoltre esiste il problema dei parcheggi: non sono sufficienti già oggi, con soli 70-80 posti auto nel piazzale. Non sappiamo neppure che fine faranno le 4 piscine tutte fondamentali per l'idrokinesiterapia».

Centro di salute mentale

«La Sanità sia partecipata - chiede Luisella Aprà del comitato a difesa della sanità veneziana - i Comuni hanno il dovere di fare percorsi condivisi, attraverso associazioni e comitati. Le consulte comunali, da affiancare all'assessorato alla Sanità, non sono mai state attivate, invece sono l'anima della comunità, hanno il polso della cittadinanza, e sono strumenti di confronto per la politica locale. Vogliamo difendere il centro di salute mentale che al Lido è un gioiello per la concretizzazione del diritto di cittadinanza e la dignità di chi soffre psichicamente, uno strumento di riabilitazione, inserimento, reintegrazione. Ma dove andrà a finire ora che ci stiamo avvicinando a un modello ragionieristico della Sanità, con gli psichiatri che da 4 diventeranno uno?».

Presentazione pubblica

«Più di 50 mila persone nel 2017 hanno utilizzato a vario titolo i servizi specialistici dell'ex ospedale al Mare, per oltre 20 mila utenti. Ma il direttore Giuseppe dal Ben è arrivato a sostenere che al Lido avrebbe fatto un pronto soccorso privato, nell'aprile dell'anno scorso - dice ancora Lihard -. Ora chiediamo che ci spieghi come stanno le cose. Venga a dire pubblicamente come intende riportare i servizi sanitari al Lido». «Chiediamo che la sanità resti inalterata sull'isola, e di questo non c'è certezza - afferma il presidente della Municipalità di Lido e Pellestrina, Danny Carella - vogliamo capire come saranno gestiti questi resort e chiediamo una presentazione pubblica del progetto, perché se di un piano si va fieri lo si presenta a porte chiuse? Fa pensare che in fondo un po' ci si vergogni».

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