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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Marghera / Via della Chimica

Resti ossei in via della Chimica: sono di un uomo

L'esame del dna ha portato a escludere che possano appartenere a Isabella Noventa, scomparsa nella notte tra il 15 e il 16 gennaio del 2016 a Padova, o a Florina Simion, 25enne di Cazzago di Pianiga di cui mancano notizie dal 26 febbraio 2016

L'esame del dna sui resti ossei trovati a gennaio in via della Chimica a Marghera lo ha stabilito con certezza: non appartengono a Isabella Noventa, la donna scomparsa nella notte tra il 15 e il 16 gennaio del 2016 a Padova, né a Florina Simion, collaboratrice scolastica 25enne di Cazzago di Pianiga scomparsa il 26 febbraio 2016. I reperti sono infatti riconducibili a una persona di sesso maschile.

Accanto ai reperti ossei, in quell'area della rotonda in via della Chimica, nel pomeriggio del 30 gennaio, fu ritrovata buona parte di uno scheletro umano, e accanto una scarpa sportiva della marca statunitense "Dvs", con parti dell'osso del piede all'interno, oltre a un orologio nero di marca Auriol, tipo quelli commercializzati da Lidl Italia. Nonostante calzature e accessori fossero tipicamente maschili, l'ipotesi, poiché le ossa apparivano più piccole rispetto a quelle di uno scheletro standard, fu subito che si trattava dei resti di una donna. Dovevano essere rimasti lì per circa sei o otto anni e dal momento che l'erba era molto alta e i rovi insormontabili, nessuno poteva averli notati prima. Solo la società incaricata dal Comune di pulire l'area, proprio quel giorno, li aveva fatti venire alla luce.

Durante la trasmissione "Chi l'ha visto" della sera dell'8 febbraio si disse che quei resti potevano appartenere a Isabella Noventa, mai ritrovata nonostante l'uomo con cui si frequentava all'epoca, Freddy Sorgato, poi finito in carcere, avesse dichiarato di aver gettato il corpo lungo il fiume Brenta nel Padovano. Il collegamento tra i resti ossei ritrovati e Isabella Noventa si disse che erano i tabulati telefonici. Grazie alle indagini della squadra Mobile di Padova, all'epoca guidata dal comandante Giorgio Di Munno, che oggi è a capo della Mobile di Venezia, si era visto come il telefono di Sorgato il giorno successivo alla scomparsa della donna avesse agganciato i ripetitori a Marghera proprio in via Bottenigo, che è molto vicina alla rotonda di via della Chimica.

Inoltre, il fratello della donna scomparsa, Paolo, a proposito dell'orologio, confermò che Isabella era una collezionista e ne possedeva a decine, anche di poco valore, dicendosi per questo convinto che le indagini potessero portare a qualche risultato. Negli stessi giorni, attraverso l'avvocato Stefano Tigani dell'associazione Penelope, si era fatta avanti anche la mamma di Florina Simion, chiedendo una comparazione fra il dna delle ossa e quello della figlia. «Non è lei - aveva poi detto la mamma, Nela Simion - Non sono quelle le scarpe», nonostante ne avesse un modello simile a quelle repertate dalla Scientifica che stava lavorando sul Dna. La tempistica della scomparsa poteva invece coincidere con il periodo di permanenza del corpo in via della Chimica. «Troppe volte aveva detto Nela - abbiamo dovuto ricominciare da capo. È una tortura».

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