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Cronaca

Mose, il giorno della richiesta delle condanne: «Orsoni sapeva, Mazzacurati un "intoccabile"»

Giovedì spazio alle requisitorie dell'accusa. Sono 8 gli imputati. I pm: "L'ex capo del Cvn attendibile nel 2013. L'unicum non è il sistema di paratoie mobili, è questo giro di tangenti"

Il giorno dell'accusa. Il giorno in cui si sapranno le richieste di condanna in ordine agli 8 imputati del processo Mose, lo scandalo che ha sconquassato il panorama politico e imprenditoriale della laguna. Giovedì i pubblici ministeri Stefano Buccini e Stefano Ancilotto hanno tirato le fila dell'inchiesta, esponendo gli elementi di prova a carico, tra gli altri, dell'ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, dell'ex eurodeputata Lia Sartori e dell'ex ministro Altero Matteoli (la requisitoria nei suoi confronti è prevista nel pomeriggio). Una pioggia di "ex" a dimostrazione che la "grande retata" ha avuto come effetto immediato la "decapitazione" delle persone che al tempo ricoprivano posizioni apicali nella società veneziana.

TUTTE LE RICHIESTE DI CONDANNA

MAZZACURATI "ATTENDIBILE" - In primis il procuratore Ancilotto ha sottolineato l'importanza delle dichiarazioni del "grande accusatore", l'ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati. O meglio, se parte del lungo dibattimento si è concentrato sulle sue attuali condizioni di salute che non gli permettono di deporre in aula, il pm ha rimarcato che, al di là delle sue parole, ci sono ripetuti riscontri. "Le deposizioni anche degli altri accusatori forniscono un'univoca ricostruzione - ha dichiarato Ancilotto - anche da parte di persone che nemmeno si conoscono". Secondo il procuratore, Mazzacurati nel 2013 era nel pieno del suo potere: "Che fosse attendibile lo dicono i figli, ma lo dice anche Piergiorgio Baita, che con lui ha lavorato - prosegue Ancilotto - Mazzacurati ha capito prima di tutti che era finita un'era, e ha deciso di uccidere il Consorzio. Era lucido, per questo non è stato chiesto un incidente probatorio. Il Mose non è un unicum - conclude - l'unicum è il sistema di relazioni e di corruzioni continue messe in piedi all'ombra dell'opera". 

"PER MATTEOLI 6 ANNI, PER ORSONI 2 ANNI E 3 MESI"

LE ACCUSE A ORSONI - L'intento è chiaro: dimostrare l'attendibilità del "grande accusatore", assieme a Piergiorgio Baita e Claudia Minutillo, sottolineare i patteggiamenti di esponenti di spicco della politica come l'ex presidente della Regione, Giancarlo Galan, e l'ex assessore regionale, Renato Chisso, e mettere in fila le "carte". In questo senso sono state ribadite le accuse di finanziamento illecito per la campagna elettorale dell'ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni: "Abbiamo diverse dichiarazioni concordanti, oltre che l'analisi del conto corrente della campagna - ha affermato il pubblico ministero, Stefano Buccini -  Fino al 18 marzo 2010 l'estratto conto segna un conferimento di 12 bonifici per 80mila euro, poi 6 bonifici per 137mila euro e tra il 6 e 21 aprile per 70mila euro. Alla fine sono 20 bonifici e la prevalenza delle somme deriva dal Consorzio Venezia Nuova. Questi bonifici sono stati oggetto di controesame. Si diceva 'ma che senso aveva finanziare la campagna elettorale di Orsoni per il Cvn?'". Sutto (braccio destro di Mazzacurati, ndr) l'ha spiegato: serviva finanziarlo dalle primarie perché era favorevole al Mose ed era di centrosinistra. Brunetta era favorevole, ma verosimilmente non era ritenuto vincente in una città come Venezia". Lo screzio sul futuro dell'Arsenale e la rottura dei rapporti tra Mazzacurati e Orsoni, poi, è cosa nota. E l'arresto di Orsoni con la contestazione di finanziamenti in nero per 250mila euro: "L'ex sindaco ha dichiarato di non essersi mai interessato di queste cose - ha spiegato il procuratore - ma di fronte al responsabile della raccolta fondi della campagna si mostra sicuro che i soldi sarebbero arrivati". 

L'AVVOCATO DI MATTEOLI: "DIMOSTREREMO LA VERITA'"  - VIDEO

LE ACCUSE A LIA SARTORI - Contestazione di finanziamento illecito ai partiti anche per l'eurodeputata Lia Sartori: "L'onorevole deve rispondere di finanziamenti ricevuti per la sua campagna elettorale, sia in nero, sia da soggetti diversi da quelli ufficiali - è stato dichiarato - Il finanziamento per le campagna elettorale delle Europee proviene dalla Coveco, cooperativa di sinistra, anche se lei è esponenente del centrodestra veneto. Questi sono i soldi 'in bianco', ma ci sono anche quelli in nero. Mazzacurati sostiene di averglieli sempre dati di persona. Baita parla di un incontro fortuito all'esterno dell'ufficio dell'ex presidente del Consorzio. Lei usciva e lui entrava. Mazzacurati disse a Baita di aver appena consegnato 90mila euro. Poi il 6 maggio l'incontro in un albergo mestrino, con una consegna di 50mila euro in contanti durante un incontro durato pochi minuti".

LE ACCUSE A MARIA GIOVANNA PIVA - A processo pure l'ex presidente del Magistrato alle Acque, Maria Giovanna Piva, che secondo l'accusa "era al soldo di Mazzacurati percependo uno stipendio extra e trattando i collaudi (compreso quello dell'ospedale di Mestre) come merce di scambio". Il memoriale dell'ex "padrone" del Cvn parla di uno stipendio di 250mila o 300mila euro annui alla Piva: "Si trovano riscontri a questo nelle dichiarazioni dell'ingegner Baita, che dice che Mazzacurati quando pagava qualcuno era abituato a volere un impiegato - dichiara il pm Ancilotto - per questo la Piva venne mandata via. Quando alzò la voce sulla questione delle cerniere. Lei le voleva fuse, Mazzacurati saldati. In poche ore è stata messa alla finestra, il suo potere è da 'intoccabile'. Sui collaudi invece a parlare è la teste Claudia Minutillo, che spiega come tra Regione e Magistrato alle acque c'era uno scambio di favori incrociato. A mio avviso - conclude Ancilotto, che ha sottolineato il sequestro di bozze digitali di documenti su sopralluoghi e controlli ufficialmente del Magistrato alle acque ma scritti da personale del Consorzio - l'ingegner Piva non solo ha servito le sue funzioni, ma è stata anche asservita al Consorzio".

LE ACCUSE ALL'EX MINISTRO MATTEOLI E ALL'IMPRENDITORE ERASMO CINQUE - I pubblici ministeri hanno ricostruito anche i rapporti che portano Erasmo Cinque, con la sua Socostramo, a ottenere lavori per milioni di euro in seno alle bonifiche di Porto Marghera pur avendo una prenseza minimale (da "prefisso telefonico") nel Consorzio Venezia Nuova. Come mai? Secondo l'accusa Erasmo Cinque era più di un semplice imprenditore: era la testa di ponte di Altero Matteoli, allora potente ministro delle Infrastrutture. Insomma, per continuare a far arrivare i fondi per il Mose serviva trattare con i guanti quest'uomo d'affari in area Alleanza Nazionale: "Il ministro è completamente asservito a Cinque - ha dichiarato il pm Ancilotto - Giovanni Mazzacurati ha confessato di aver versato somme a Matteoli sia a Roma, sia in Toscana. Parla di somme nell'ordine dei 400mila o 500mila euro. Incontri che sono stati dimostrati". Per quanto riguarda Erasmo Cinque, a parlare sono il faccendiere di San Marino, William Colombelli e Nicolò Buson, dirigente amministrativo della Mantovani, che dichiarano di aver consegnato delle buste nella sede della Socostramo: "L'incontro è dimostrato - continua Ancilotto - francamente la versione di Cinque che dice che Colombelli venne a proporre degli investimenti non si trova nelle carte. Colombelli, che ha patteggiato, faceva fatture false. Questo era il suo lavoro. Tutti i testi ci confermano l'assegnazione di lavori fuori quota alla Socostramo. Lo confermano Baita e Pio Savioli, che dice che l'inserimento nel Cvn della Socostramo era stato preteso da Matteoli in persona, una marchetta". I lavori vengono assegnati a una realtà imprenditoriale che non avrebbe avuto competenze tecniche sufficienti: "Il ministro dice che non c'entra nulla - ha attaccato il magistrato - ma c'è una lettera firmata da lui con affidamento diretto per i lavori. E' qui che il ministro si sporca le mani. Ma in realtà la sua condotta va ben oltre, sollecitando fondi per l'opera al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Ma guarda caso le sue lettere escono in bozza dal server del Consorzio, poi vanno al presidente del magistrato alle acque Cuccioletta, compiacente, e poi finiscono al ministro. In più - conclude Ancilotto - c'è la questione della sostituzione di Maria Giovanna Piva per le cerniere. Irrituale. Ma un comportamento analogo Matteoli ce l'ha avuto anche nei confronti della Corte dei conti. Si trova nel server Cvn una bozza di una lettera diretta al presidente della Corte dei conti, Tullio Di Lazzaro, in cui si sottolinea l'importanza del Mose. Questa lettera in realtà esce dagli uffici del Consorzio Venezia Nuova. Da parte di Erasmo Cinque, infine, non poteva esserci millantato credito. Perché Mazzacurati ha parlato direttamente con Matteoli e quando il presidente del Cvn ha cercato di sostituire il loro 'collante' con un altro imprenditore, l'ex ministro l'ha incontrato mettendo le cose in chiaro". "Bisogna lavorare con Cinque", disse poi Mazzacurati a Baita. 

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