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Cronaca Marghera / Via Fratelli Bandiera

Prostitute accoltellate a Marghera, aggressore stava fuggendo all'estero

M.A.K., il 30enne di nazionalità bulgara fermato per duplice tentato omicidio, è stato sorpreso a bordo della sua bmw con la valigia pronta. Ancora pochi minuti e sarebbe sparito

Stava per scappare. La valigia nel bagagliaio dell'auto e la moglie seduta al suo fianco. In macchina. La figlia sui sedili posteriori. Alterato forse dalla droga, la stessa che potrebbe (ma bisogna aspettare gli esami tossicologici per averne la sicurezza) aver avuto voce in capitolo nel duplice tentato omicidio verificatosi mercoledì mattina in un appartamento di via Fratelli Bandiera a Marghera.

Due prostitute, una di 28 e una di 34 anni, sono state massacrate a coltellate da G.A.K., 30enne di nazionalità bulgara, come le due vittime. Al culmine di una lite l'uomo ha preso un coltello da cucina dalla lama lunga 25 centimetri e ha infierito con ferocia sulle due interlocutrici. Prima una, colpita con quattro fendenti alla schiena, poi l'altra, cui è stata tagliata la gola e ha subito altri due colpi all'altezza delle spalle. Entrambe operate d'urgenza all'ospedale Dell'Angelo di Mestre, rimangono in prognosi riservata nonostante secondo i medici non sarebbero più in pericolo di vita.

Avrebbe potuto essere una mattanza. Le due prostitute, appena rientrate dalla notte passata sul marciapiede, poco prima delle cinque di mattina subiscono l'aggressione. Urlano. Tanto che altre cinque donne, tutte bulgare, tra cui una sorella delle due malcapitate, capiscono che qualcosa non va. Si trovano nell'appartamento al piano di sopra. La sorella scende le strette scale dell'edificio e si trova davanti l'uomo che stava ancora infierendo sulle donne. Un urlo. Lui scappa con il coltello da cucina in mano, che aveva trovato in casa, per poi gettarlo poco lontano fuori dall'abitazione.

Le due ferite sono in un lago di sangue. Una sembra morta, incosciente. L'altra si muove. Chiede aiuto. La sorella suona al dirimpettaio, un cittadino senegalese che lavora regolarmente in Italia, che presta i primi soccorsi. Forse conosceva le due vittime, vivendo a poco più di un metro di distanza. Di certo è stato prezioso per permettere ai sanitari del Suem e agli agenti della squadra mobile e delle volanti di riuscire a stabilizzare le condizione delle due prostitute e trasportarle in ospedale d'urgenza.

Subito gli inquirenti sentono la versione della sorella, che, pur sotto shock, spiega di conoscere l'aggressore. Fornisce un nome e un cognome. Spiega come l'uomo viaggia a bordo di una Bmw rossa con una capotta nera con targa polacca. Sono elementi sufficienti per inoltrare una nota di ricerca, che rimbalza in tutte le centrali operative del territorio. Comprese quelle dei carabinieri. Una collaborazione proficua, che oggi in conferenza stampa il dirigente della squadra mobile di Venezia, Marco Odorisio, il dirigente delle volanti, Luigi Petrillo, il vicecomandante provinciale dei carabinieri di Venezia, colonnello Giovanni Occhioni, e il comandante della compagnia dei carabinieri di Mestre, maggiore Salvino Macli, hanno sottolineato con forza. Senza una collaborazione capillare G.A.K. sarebbe probabilmente scappato.

Invece è finito in manette verso le 9 di mattina. In via Penzo. Pronto per ritornarsene con ogni probabilità in Polonia, dove risiedeva dal marzo 2012 dopo che la giustizia bulgara aveva emesso un nota di rintraccio nei suoi confronti per reati contro il patrimonio e aggressioni. O forse avrebbe preferito spostarsi verso la Spagna, dove alcune informative dell'Interpol spiegano come l'uomo abbia affari loschi anche lì. Fatto sta che i carabinieri della stazione di Marghera conoscono il soggetto. Sanno dove poterlo trovare e dove poteva aver appoggi durante i suoi soggiorni veneziani. E lo trovano.

Con ogni probabilità, infatti, l'uomo era il protettore delle due prostitute ferite. E anche delle cinque che vivevano al piano di sopra. Tutte di etnia rom e provenienti dalla stessa città della Bulgaria, come l'arrestato: "Si tratta del classico modello balcanico - ha spiegato il dirigente Marco Odorisio - piccoli nuclei di tre o quattro persone legati da vincoli di parentela o da origini geografiche comuni che organizzano un giro di prostituzione". Ancora mistero sui motivi della lite. Con ogni probabilità si tratterebbero di screzi legati a motivi di soldi raccolti durante la prostituzione.

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