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Cronaca

"Piazzano" in tutta Italia 180 quadri falsi per un giro di due milioni di euro

Le opere del primo Novecento venivano spacciate per vere, parte di una collezione di una ricca famiglia. In verità invece erano "confezionate" da Alberto Faldini, arrestato con due complici

Era riuscito a ingannare anche gli occhi più esperti, fornendo tutta una documentazione a corredo per dimostrare che quei quadri futuristi o d'arte moderna erano veri. Peccato che oltre 180 opere, sequestrate in tutta Italia, non fossero in realtà di Balla, Modigliani, Baldessarri, Gino Rossi o Fortunato Depero ma bensì frutto della maestria di Alberto Faldini, 63enne senza fissa dimora. Lui, assieme al sodale Massimiliano Grossi, 33enne, sono stati raggiunti da un provvedimento di custodia cautelare mentre si trovavano già in carcere con l'accusa di estorsione ai danni di un ex antiquario mestrino. Ora si aggiunge per loro il capo d'imputazione di associazione per delinquere finalizzata alla contraffazione e alla commercializzazione di opere d’arte. Ai domiciliari, nella sua abitazione di Latisana, Andrea Guarnieri, 51enne, che "reggeva il gioco" agli altri due.

In un anno l'organizzazione era riuscita a piazzare oltre 180 opere a ignari clienti, raccontando che facevano parte di una fantomatica collezione "Dondi dell'Orologio", una famiglia del Cinquecento padovana. Avrebbero fruttato un guadagno illecito di due milioni di euro. Secondo la storia, architettata ad arte, l'ultimo signore della casata, un fantomatico Carcarlo Emanuele, aveva lasciato le opere al suo servitore. E qui entra in gioco Andrea Guarnieri, che faceva la parte dell'erede del "beneficiato", finito in possesso di tutto.

La "mente" dell'organizzazione, secondo l'accusa, sarebbe Alberto Faldini. Tantevvero che durante una serie di perquisizioni in tutto il Triveneto, in un agriturismo di Mogliano dove risiedeva, sono state trovate opere d’arte in fase di rifinitura e “attrezzi del mestiere” come colori, pennelli, carte e documenti storici, cataloghi di vari artisti e una vecchia macchina da scrivere con cui il 63enne preparava la documentazione falsa. Tutto a prova di esperto. Il falsario si era riuscito addirittura a procurare vecchi registri e marche da bollo del primo Novecento. Poi su carta ingiallita dal tempo "aggiornava" il catalogo delle opere mano a mano che finiva di "confezionarle". Il ritmo era talmente vorticoso che doveva lavorare anche di notte pur di rispettare le consegne.

Le indagini sono scattate quando un acquirente di Rovereto, insospettito, aveva fatto controllare il quadro appena comprato. Risultato poi una "patacca". Da lì in poi gli inquirenti, grazie anche alla collaborazione di fondazioni e archivi che tutelano gli artisti, hanno analizzato la documentazione storica a corredo delle opere, capendo che ci si trovava di fronte a una vera e propria organizzazione. Sei mesi fa le intercettazioni telefoniche hanno fornito ulteriori elementi ai finanzieri, che hanno ricostruito con precisione i ruoli dei tre e di altrettante persone, i veronesi Alberto G. (67 anni) e Igino S. (56 anni), e il trentino Luciano C. (73 anni), denunciate a piede libero con lo stesso capo d'imputazione. Loro si occupavano materialmente di vendere i quadri sia tramite canali ufficiali (gallerie e case d’asta), sia nel mercato nero.

Faldini e Grossi si erano anche "divisi" gli artisti per cui ottenere il marchio di autenticità: il 33enne, per esempio, si occupava di Gino Rossi, il 63enne di Balla. Nell'agriturismo di Mogliano sono stati sequestrati anche dei manufatti in marmo (soprattutto crocifissi) che sarebbero stati trafugati nella provincia di Salerno. Secondo i finanzieri ciò dimostrerebbe che l'organizzazione, o almeno la "mente" di essa, avesse allacciato rapporti con la Camorra.
 

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