rotate-mobile
Cronaca Jesolo / Piazza Giuseppe Mazzini

Mancano le prove, scarcerati tre presunti spacciatori di Jesolo

Per i carabinieri quando al telefono parlavano di "carne" intendevano la cocaina, ma il tribunale ha stabilito che non c'è alcun codice segreto

Al telefono parlavano di “bistecche”, “carne halal” e “regali per la bambina”, ma secondo i carabinieri si trattava solo di eufemismi per discutere di droga e di rifornimenti. Peccato che il giudice che ha esaminato il caso dei tre magrebini accusati di rifornire di cocaina i locali di piazza Mazzini abbia invece stabilito che gli stranieri, nel corso di quelle telefonate, parlavano davvero di prodotti di macelleria. Stando a quanto riporta la Nuova Venezia, infatti, mancano le prove per accusare i tre di spaccio, mentre esistono tantissimi elementi che combaciano con le loro giustificazioni.

PRIMO FERMO – I tre stranieri, due uomini 37enni e una donna di 31 anni, sono finiti nei guai dopo un'operazione di controllo dei militari iniziata nel 2012. Il 29 settembre di due anni fa, infatti, una pattuglia della stazione dell'Arma di Jesolo aveva fermato per un controllo una Renault Clio a bordo della quale vi era uno degli stranieri assieme a un suo connazionale. In quella circostanza è emerso che il marocchino era colpito da un ordine di custodia cautelare in carcere emesso dal Gip del Tribunale di Milano per reati connessi con l’importazione e la detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti. I militari, eseguita una perquisizione a bordo della vettura, avevano inoltre trovato un involucro contenente un blocco solido di 15 grammi di cocaina, di buona qualità e ancora da tagliare.

LE INDAGINI - Una volta eseguita l’ordinanza restrittiva, i militari del Nucleo Operativo e Radiomobile sandonatese hanno iniziato a svolgere le opportune indagini per chiarire a quale scopo lo straniero si trovasse a Jesolo, ipotizzando che la sua attività di spaccio fosse stata trasferita nella città balneare visto che in Lombardia, ormai, l’aria per lui si era fatta pesante. Le indagini hanno premiato lo zelo degli investigatori che hanno ricostruito una rete di spaccio composta, oltre che dal marocchino arrestato, anche da altri due connazionali, tra cui una donna. L’attività investigativa, supportata da vari riscontri che hanno consentito di sequestrare oltre 20 grammi di cocaina nei confronti delle persone succedutesi nel tempo che avevano acquistato lo stupefacente, ha consentito di documentare l’illecita attività anche in epoca precedente all’arresto del primo 37enne fermato e la sua continuazione fino al mese di febbraio 2013.

LE INTERCETTAZIONI – Per quattro mesi i telefoni dei magrebini sono stati tenuti sotto controllo e in diverse occasioni i militari si erano convinti di aver intuito un “codice” utilizzato dagli stranieri per mettersi d'accordo sulle consegne, ma la verità sembra essere molto più semplice. In un paio di casi i carabinieri erano sicuri che le telefonate in cui si discuteva della “bambina”, del suo stato di salute e dei regali per lei, fossero in realtà un sistema per accordarsi sulla cocaina, salvo poi scoprire in tribunale che uno degli indagati era effettivamente lo zio di un'altra accusata e che questa aveva davvero una figlia di due anni, in quel periodo malata. Nulla di strano, quindi, se il parente chiedeva come stava la piccola o prometteva di fare visita con qualche giocattolo.

CARNE “SPECIALE” - Contestate anche altre telefonate in cui uno degli indagati si accordava con l'altro per ricevere “carne“ per preparare “tajin, couscous“. Anche in questo caso i militari hanno pensato si parlasse di cocaina e hanno quindi effettuato un blitz fermando uno degli intercettati dopo che aveva lasciato un grosso sacchetto a casa degli amici. Addosso aveva circa duemila euro, ma la droga non si trova. Anche in questo caso, infatti, nessun codice segreto: le famiglie in questione sono tutte musulmane praticanti, e possono quindi mangiare solo carne macellata con il metodo “halal” (in arabo significa “legittimo”); peccato che a Jesolo la carne “lecita” non si trovi mentre a Correzzola, dove abita il “corriere” sia presente un'ottima macelleria musulmana. Insomma, quando al telefono si parlava di carne, questa volta, si intendeva davvero un carico di bistecche.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Mancano le prove, scarcerati tre presunti spacciatori di Jesolo

VeneziaToday è in caricamento