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Cronaca Mirano

La storia di Omar: "Io, in barcone per fuggire da guerra e povertà"

Un 27enne originario della Guinea Konakry, che dal 2008 vive a Mestre e lavora come lavapiatti negli hotel, ha "stregato" gli studenti miranesi

Ha percorso quattromila chilometri di deserto stipato in un furgone, ha attraversato il Mediterraneo a bordo di un barcone clandestino e poi ha risalito tutta l’Italia da nord a sud, per scappare alla guerra civile e alla povertà. Dalla Guinea Konakry alla stazione veneziana di Santa Lucia, passando per la Libia, Malta e la Sicilia. La storia, riportata dal Gazzettino, ha catturato l’attenzione di studenti ed insegnanti alla cittadella scolastica di Mirano. L’ha raccontata Omar, un ragazzo 27enne che vive a Mestre e negli ultimi anni ha lavorato in alcuni hotel di Mestre e Venezia come lavapiatti. E’ in Italia da sei anni, ma alle spalle ha una storia fatta di fame e paura. Gli studenti miranesi ascoltavano a bocca aperta: era uno di loro, ma con alle spalle un viaggio particolare.

Omar ha perso il padre a 12 anni, ha frequentato per tre anni la scuola nel suo villaggio africano ma poi non aveva più soldi per pagarsi gli studi. E allora appena 15enne ha lasciato anche la madre e i fratellini, per trasferirsi in Senegal e andare a guadagnarsi qualche soldo. Faceva il venditore ambulante e dormiva con altri ragazzini, ma in Africa non vedeva alcun futuro. Ha trovato il coraggio di partire verso l’Europa, si sarebbe accontentato di qualunque meta pur di fuggire a guerra e povertà. Per prendere l’aereo ci vuole il visto, ma lui quell’ambito pezzo di carta non è mai riuscito ad averlo: ha pagato un affarista ivoriano, ma ha perso i soldi e si è convinto che l’unica possibilità fosse il viaggio via mare.

Per salpare dalla costa libica verso l’Italia, però, bisognava prima arrivare in Libia. Quattromila chilometri in un furgone (“era da nove posti, eravamo in venti”) con una bottiglietta d’acqua da centellinare per non rimanere senza durante il viaggio. In Libia ha atteso tre mesi, prima di esser messo in contatto con chi organizzava i  viaggi clandestini. La sua barca è partita alle tre di notte (“per fortuna era estate, non c’era freddo e non c’era mare mosso”) e si è fermata a Malta, prima di proseguire verso Ragusa. Ha viaggiato con altri venti ragazzi africani, tutti di nazionalità diverse e tutti in fuga dal continente nero.

Dopo tre giorni di navigazione (costati 1.300 dollari), quando gli immigrati hanno visto la costa italiana hanno cominciato a piangere ed urlare: “Voleva dire che ce l’avevamo fatta, che eravamo salvi”. Omar è stato tre settimane in un centro d’accoglienza e poi lui e i suoi compagni di viaggio si sono divisi, per cercare fortuna. C’è chi è partito per Milano e chi per Roma o per Napoli, lui ha optato per Venezia. “Ne avevo sempre sentito parlare, ma non sapevo nemmeno dove fosse. Arrivato in stazione Santa Lucia ho trovato dei ragazzi senegalesi che vendevano borse e ho chiesto aiuto”. Gli hanno indicato il bus per andare in Corso del Popolo a Mestre, dove avrebbe trovato i suoi connazionali. Così ha fatto e subito è stato ospitato in una stanza. Nei mesi successivi si è integrato, ha trovato lavoro e ora attende una nuova occasione. Intanto spedisce qualche soldo alla madre in Africa per mantenere gli studi del fratellino, non sapendo se e quando potrà rivederlo: Omar è qui come rifugiato politico, non torna in Guinea per il timore di non riuscire più a fuggire.

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