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Cronaca

Test molecolari e rapidi, il comitato Veneto riapre il dibattito. Vaccino Covid a gennaio

Il Cts regionale chiede il tampone tradizionale per il personale sanitario. La Regione rimette tutto al livello nazionale. Carenza di vaccini: «È globale, con il coronavirus richiesta alle stelle»

Due milioni e 600 mila i test molecolari fatti finora in Veneto, 688 mila quelli rapidi per la ricerca del Covid. Lo ha spiegato in conferenza il presidente del Veneto Luca Zaia, aggiornando giovedì la situazione coronavirus. Il dibattito sull'affidabilità dei test rapidi è riesploso in questi giorni, dopo che il coordinatore del Comitato tecnico scientifico (Cts) regionale, il dottor Riccardo Saia, ha ricevuto dai membri una comunicazione con la richiesta di fare ai sanitari i tamponi molecolari, con esito in 36 ore e ogni 8 giorni, in alternativa ai rapidi che vengono fatti ogni 4 giorni.

Il presidente ha detto che la Regione rimetterà tutto nelle mani del Cts nazionale. «Rispettiamo la richiesta - ha detto il governatore - ma se passa questo principio, vale per tutti non solo per i dipendenti degli ospedali. Non siamo il partito dei tamponi rapidi - sostiene - se si decide per i molecolari vorrà dire che l'Italia farà tutto quello che gli altri paesi non fanno, perché stanno andando verso i rapidi». Intanto da giorni è in sperimentazione il tampone fai da te, l'autosomministrato in Regione. «Giriamo - continua Zaia - la richiesta al Cts romano. Se c'è la convinzione che il tampone rapido non funzioni, bisogna porre la questione a livello nazionale e se ci sono evidenze scientifiche chiediamo di esserne messi a conoscenza. Noi continuiamo con i tamponi rapidi, sono previsti dalla legge». Zaia ricorda che il tampone rapido è legato al ct, i famosi ingrandimenti che si fanno per trovare il virus (Cycle Threshold o ciclo soglia). «Siccome è stato fatto partire questo dibattito, va chiuso perché non degeneri - afferma - . Umanamente capisco che qualcuno senta responsabilità, specie i primari per i reparti, di dare una risposta». Zaia dice: «Come amministratori chiederemo al Cts nazionale se è cambiata la strategia. La letteratura non manca sui test rapidi quali strumenti diagnostici certificati. Ad ogni modo noi poniamo la questione a livello nazionale».

Vaccino anti Covid

Il vaccino anti Covid arriverà tra fine anno e inizi gennaio 2021 anche nel nostro Paese. Lo dice la dottoressa Francesca Russo del dipartimento di prevenzione del Veneto. «Non abbiamo ancora i numeri per il Veneto - spiega - ma è partita una rilevazione che il ministero della Salute ha chiesto a tutte le regioni e che riguarda la quantificazione del personale ospedaliero regionale e di tutti i servizi sanitari e assistenziali, che sarà quello che verrà vaccinato per primo con il Pfizer». La rilevazione è stata chiesta dal commissario nazionale Arcuri a tutte le regioni che la stanno compilando. Si stima che il Veneto avrà bisogno intanto di 150 mila dosi, 60 mila sono gli ospiti delle strutture, che verranno vaccinati a seguire».

Vaccini antinfluenzali

Sui vaccini antinfluenzali, sempre la dottoressa Russo, parla di una difficoltà di approvvigionamento, come sta accadendo ovunque. «Abbiamo allargato il numero di dosi di vaccino rispetto agli altri anni ma abbiamo avuto una richiesta ancora più alta. Ne sono stati chiesti altri 50 mila per la pediatria (da sei mesi ai 6 anni). Di vaccino quadrivalente abbiamo domandato ad Azienda Zero di avere le 80 mila dosi che avevamo prenotato. Ci sono anche tremila dosi di vaccino pluripotenziato per le persone a rischio e, congelate, altre 30 mila dosi per i farmacisti». Quest'anno 1 milione e 320 mila dosi sono state date al Veneto (per la sanità pubblica), escluse le 50 mila del comparto pediatrico. Le trentamila congelate sono allo stesso modo escluse dal conteggio. L'approvvigionamento del vaccino da parte della sanità pubblica avviene sulla base di quanto stabilito dalla circolare ministeriale che quest'anno ha aggiunto altre coorti (5 anni in più per gli anziani, bambini fino ai 6 anni, donne in gravidanza, categorie a rischio, ecc.). La richiesta con il Covid è stata altissima e questo, stando a quanto si apprende, non poteva essere previsto neppure dalle compagnie farmaceutiche che adesso non sarebbero in grado, a livello mondiale, di potenziare la disponibilità.

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