Violenza e umiliazioni: le esperienze delle donne vittime e le iniziative per il 25 novembre
In centro a Mestre si alternano le testimonianze. Il centro antiviolenza: «Quest'anno 221 donne si sono rivolte a noi, il periodo più nero è stato quello del lockdown». Le Ulss si sono attivate con nuovi percorsi e collaborazioni
«Sono stata vittima di violenza psicologica. Non è quella fisica, che è agghiacciante, terribile, ma ci sono ferite che non si vedono: non ho lividi, non ho segni ma ciò che ho subito non passerà mai. L'insicurezza, la paura. L'atteggiamento di sminuire la donna, non farla sentire all'altezza, è una costante della violenza domestica e tante donne non si rendono conto di subire questo abuso». La prima testimonianza della "maratona" in corso oggi, 25 novembre, in centro a Mestre, entra direttamente nel cuore del tema della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Nel chiostro di M9 per tutto il giorno si alternano dialoghi e testimonianze di rappresentanti della cultura, dell'associazionismo, della politica: un modo per mantenere alta l'attenzione e per essere vicini alle vittime.
La casa, il luogo più pericoloso
Alcuni dati molto rappresentativi sono stati forniti dal centro antiviolenza del Comune di Venezia, che nel 2020 è arrivato al venticinquesimo anno di attività. A partire dal contesto: il 64% delle donne che si è rivolta all'ente nel 2019 ha subito violenza domestica dal proprio partner, marito o convivente, mentre il 18% da parte del proprio ex. Il dato è costante negli anni ed è in linea con quello regionale. «Nell'anno della pandemia - comunica il centro - questo ente si è reinventato per restare in contatto con le donne». Il mese peggiore è stato marzo, «quando il lockdown ha annichilito tutti, e anche le donne hanno smesso di chiedere aiuto - spiega la responsabile Patrizia Marcuzzo - Sono scomparse, chiuse dentro la propria casa, il luogo peggiore per chi subisce violenza dal proprio convivente».
Fuga dalla violenza
Il Comune - ricorda la presidente del Consiglio comunale, Ermelinda Damiano - si è attivato tramite i canali web e la risposta è stata immediata: tra aprile e maggio dieci donne si sono rimesse in contatto con il centro perché versavano in una grave situazione di rischio, sia per se stesse sia per i loro 11 figli. «Si sono allontanate da casa e hanno chiesto un posto protetto dove trasferirsi», sottolinea Marcuzzo. A indurle a contattare il centro sono state le forze dell'ordine, oppure il personale sanitario dei pronto soccorso. Alcune di loro hanno scritto alle operatrici via mail. «A quel punto alle vittime è stato trovato un posto sicuro dove vivere temporaneamente», spiega la responsabile del centro. Le due case rifugio hanno continuato a funzionare, con 7 donne e 11 figli minori ospitati, che hanno potuto seguire la scuola a distanza. Le donne ospiti, tutte senza reddito, hanno potuto provvedere alle spese grazie alle carte prepagate donate da Coop Alleanza 3.0, oppure ai finanziamenti stanziati dalla Regione che si sono aggiunti alle risorse del Comune.
221 donne si sono rivolte al centro antiviolenza veneziano
È la punta dell'iceberg: molte altre donne, 221 in totale, si sono rivolte al centro nel 2020 per trovare un'alternativa alla violenza di cui erano vittime. Violenza di ogni genere: fisica, psicologica, economica. Per ogni richiesta sono stati attivati percorsi ad hoc di supporto psicologico, cui si sono aggiunte consulenze legali mirate. Ecco i dati sull'attività del centro antiviolenza nel 2020: 221 nuove donne in primo contatto, 121 nuove donne prese in carico (cui corrispondono altrettanti nuovi progetti individuali di protezione e uscita dalla violenza); 79 attivazioni in reperibilità dagli ospedali di Mestre e Venezia; 7 donne e 11 minori accolte nelle 2 case rifugio; 33 donne (cui si aggiungono altrettanti figli minorii) ospitate in urgenza in strutture diverse dalle case rifugio; 10 nuclei sono stati accolti in soli 2 mesi (durante il lockdown di aprile e maggio 2020); 49 consulenze giuridico-legali; 4 tirocini on the job; 79 percorsi individuali di supporto psicologico; 3 gruppi di supporto psicologico online.
Per informazioni e contatti: centro antiviolenza del Comune di Venezia, viale Garibaldi 155/A; telefono 041 274 4222 numero attivo con segreteria telefonica h 24; mail centro.antiviolenza@comune.venezia.it.
I dati della questura
Apparentemente i dati riportati dalla questura sono in contraddizione con questo trend e riportano una riduzione rispetto all'anno scorso. Va ricordato che si tratta, appunto, di reati presi effettivamente in carico dalle forze dell'ordine. Tra gennaio e settembre 2020, in provincia di Venezia, si rilevano 108 atti persecutori contro i 145 dello scorso anno, 160 maltrattamenti contro familiari e conviventi (180 nel 2019) e 44 violenze sessuali (52 l'anno scorso). Un solo omicidio nel 2020, avvenuto a marzo: l'81enne Gianfranco Pasco praticò una iniezione letale alla moglie Agnese Mazzan, coetanea, per poi tentare il suicidio, senza riuscirci. Questi dati, peraltro, rappresentano un primo bilancio ad un anno dall’entrata in vigore, avvenuta il 9 agosto 2019, del cosiddetto “codice rosso” che ha introdotto nuovi reati e ha perfezionato i meccanismi di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.
Il ruolo della donna
La rettrice dell'università Ca' Foscari, Tiziana Lippiello, ha diffuso un messaggio: «Trovo inaccettabile che oggi ancora così spesso vi siano uomini che parlano e scrivono denigrando e umiliando le donne. È un'offesa alla dignità umana in generale, non solo al genere femminile. Siamo nel 2020 e ancora non viene valorizzato il modo di essere delle donne, nella vita personale così come nel lavoro. Pensiamo per esempio a come viene abitualmente percepito lo stile di governance femminile: si chiede di emulare lo stile maschile e non di valorizzare l'essere donna. Le donne spesso esercitano la propria autorità esprimendo capacità di ascolto e di sintesi in maniera naturale, ma la nostra società non è abituata a un modello di leadership "al femminile": secondo questa visione imperante, chi guida comanda e basta. È ora di interrompere questa violenza, oggi e tutti i giorni».
Una nuova rete nell'Ulss 3
Oggi l'Ulss 3 ha comunicato l'attivazione di un nuovo protocollo contro la violenza sulle donne, sottoscritto da 43 istituzioni: organismi amministrativi e tribunali, università, forze dell’ordine, amministrazioni civiche, uffici scolastici, sindacati, enti di accoglienza per minori, centri antiviolenza, ordini professionali (come quello dei medici, dei farmacisti, degli psicologi, dei giornalisti, degli assistenti sociali) e molti altri. «Da oggi - spiega l'azienda sanitaria - queste istituzioni si muovono in sinergia per aiutare le donne vittime di ogni genere di abuso». Ognuna di esse si impegna a promuovere pratiche di sensibilizzazione, attivare risorse e progetti comuni per contrastare la discriminazione e l’abuso sulle donne, condividere procedure di accoglienza e presa in carico delle vittime. Tra gli obiettivi della rete c'è quello di «condividere procedure codificate di accoglienza e presa in carico delle vittime, di invio delle donne a prestazioni specialistiche e ai servizi territoriali e di monitoraggio dei loro percorsi».
Nel Veneto orientale
Il punto della situazione è stato fatto anche dall'Ulss 4 del Veneto orientale, che si avvale anche della collaborazione della Fondazione Ferrioli Bo. Il direttore dell'Ulss 4, Carlo Bramezza, ha ricordato che quest'anno 49 donne vittime di violenza sono ricorse alle cure mediche del pronto soccorso, 80 donne vengono ogni anno seguite dai servizi territoriali della Ulss 4 e di queste circa 5 all'anno vengono indirizzate in strutture di accoglienza-protette. Un centinaio di minori hanno assistito a violenze domestiche e nel tempo sono stati presi in carico alla nostra organizzazione».
Anche nel Veneto orientale si registra un rallentamento del numero di casi nella fase del lockdown «ma solo perchè - ha precisato il presidente della Ferrioli Bo, Roberto Bellio - in questa fase la vittima è evidentemente a stretto contatto con il proprio aggressore e quindi fatica a reagire, a ribellarsi. Invito invece le donne a segnalare tutte le violenze senza esitazione perché il nostro personale può spostarsi e raggiungerle anche nei luoghi di lavoro, se lo vorranno». Con la propria rete territoriale costituita da centri antiviolenza, educativi, di protezione della famiglia, e con gli sportelli antiviolenza nei comuni di Jesolo e Musile di Piave, la Fondazione Ferrioli Bo ha registrato quest'anno 478 contatti-richieste di aiuto; 139 donne sono state prese in carico ed inserite in un percorso protetto. «Importante - ha aggiunto il direttore dei servizi socio sanitari dell'Ulss 4, Mauro Filippi - è anche la prevenzione che facciamo già nelle scuole, perché è importante trasmettere fin dalla giovane età cultura della non violenza». Oltre che, naturalmente, l’attività delle forze dell’ordine. Daniele Brasi, comandante della compagnia carabinieri di San Donà, ha spiegato: «Siamo in prima linea, ci prendiamo cura delle vittime e a loro vogliamo dire: siamo pronti ad aiutarvi e attivi nella ricerca di una risposta concreta. Quando le donne riescono a rivolgersi alle forze dell'ordine si sentono accolte e protette, hanno la possibilità di liberarsi e chiedere aiuto».
Un'iniziativa simbolica viene attuata oggi dal Comune di Venezia e dal Teatro Stabile del Veneto, che illuminano i rispettivi edifici di rosso o arancione.