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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Violenza sulle donne. "Non ne esci. Il suono del citofono mi fa ancora saltare sulla sedia"

La onlus bon't worry arriva a Venezia con una serata di raccolta fondi (il 25 novembre) e l'annuncio dell'apertura di un ufficio a sostegno delle vittime di violenza. L'associazione è parte civile nel processo contro l'ex marito di Maria Archetta Menella, uccisa in luglio a Musile

La punta di un iceberg, come emerge da tante statistiche, comunque sempre approssimative (e non può che essere così). Le donne che arrivano a denunciare le violenze subìte sono poche, solo una piccola percentuale delle vittime. Più che sufficienti, però, a fare paura. Paura per l'orrore che emerge da queste storie, e soprattutto perché è sempre più chiaro che le violenze più atroci avvengono in casa, tra i conoscenti.

Sangue e non solo: "Le donne vengono distrutte"

La cronaca veneziana lo racconta più di ogni altra, nel recente passato. Nei mesi scorsi una tragedia dietro l'altra. Maria Archetta, Anastasia (e Biagio con lei), Sonia, Sabrina. Sangue che scorre, l'unica cosa che - secondo Bo Guerreschi, ideatrice della onlus bon't worry e vittima a sua volta delle violenze dell'ex marito - riesce davvero a smuovere le istituzioni, la politica, la magistratura. Sempre quando è troppo tardi. "Troppe parole, ma fatti concreti, in Italia, nessuno. Ho visto troppa di questa sofferenza. Ho denunciato 135 volte in 12 anni, cambiato 12 case. Ancora oggi ho la fobia del citofono, salto sulla sedia quando lo sento. Ci vogliono tre anni per arrivare al giudizio in un processo per violenza domestica. Un periodo in cui è la vittima a stare in un carcere, ovvero le quattro mura della casa protetta in cui cerca riparo dalle persecuzioni. Mentre il carnefice è libero". Sempre se si arriva a processo, sempre se c'è l'evidenza della violenza, sempre se la donna, appunto, trova la forza di denunciare. Troppi "se", troppi i fattori in gioco. "Dal punto di vista psicologico può essere una missione quasi impossibile - aggiunge - La violenza è reiterata, il rapporto entra in un vortice da cui non si esce. La donna vittima di abusi si prende la responsabilità del fallimento della relazione, prova vergogna". E poi c'è spesso la mancanza di un'indipendenza economica, il timore per la sorte dei figli. Ostacoli anche più subdoli, come avvocati che dovrebbero assicurare il gratuito patrocinio e che invece chiedono soldi in nero, arrivando a ricattare le donne a loro volta. “Le vittime hanno paura di denunciare sia per mancanza di tutela da parte dell’autorità competente, sia per l’impossibilità delle forze dell’ordine di agire concretamente oltre il semplice intervento - prosegue Guerreschi - Hanno paura di trasformarsi in cadaveri o ricevere gravi ripercussioni, e anche se denunciano il tempo di intervento è eterno. I casi di cronaca che conosciamo sono un piccolissimo numero rispetto alla realtà. È un bollettino di guerra, siamo sull’ordine di 11 stupri al giorno, senza considerare i reati contro i minori, omicidi/femminicidi".

Un ufficio in aiuto alle vittime

Il territorio veneziano invia una richiesta di aiuto, più o meno esplicita. Ecco perché la onlus internazionale annuncia nei prossimi mesi l’apertura di un ufficio anche a Venezia, per garantire un presidio fisico e costante alle donne vittime di violenza e ai loro bambini. L'obiettivo è offrire alle vittime un luogo sicuro in attesa di riprendere le fila della propria vita, mettendo a loro disposizione una rete di professionisti competenti composta da avvocati, medici, psichiatri, psicologi e forze dell’ordine. E il legame dell'associazione con la laguna ha a che fare anche con uno degli ultimi femminicidi: bon't worry si conferma parte civile nel processo in difesa di Maria Archetta Menella, uccisa il luglio scorso a Musile di Piave dall’ex-marito.

Serata sulla violenza in rete

Il 18% della popolazione femminile europea ha subito forme di maltrattamento su internet fin dall'adolescenza, ovvero 9 milioni di donne, secondo i dati ONU del 2015, sono vittime di gravi forme di violenza online. A finire di più nella trappola della rete sono le ragazze con un'età compresa tra i 18 e i 24 anni. Minacce, diffamazioni, calunnie e furti di identità sono solo alcuni degli effetti collaterali della rete in cui ogni giorno restano intrappolate donne e adolescenti per mano degli ex o di predatori a caccia di vittime indifese. Per denunciare e affrontare dal punto di vista legale e normativo i reati e le violenze commesse attraverso la rete la bon’t worry organizza il 25 novembre, a palazzo Vendramin Calergi, sede del Casinò, una serata di raccolta fondi a sostegno di tutte le vittime in fuga dalla violenza di genere. "I reati contro la donna non sono solo quello fisici, ma anche psicologici, economici e quelli diffamatori commessi attraverso la rete e i social, che innescano delle vere e proprie trappole in grado di trainare le vittime in un silenzio eterno - conclude Guerreschi - Reati come il furto d’identità via rete o attraverso organizzazioni anche internazionali a cui il predatore vende l’identità della vittima provocando danni senza leggi a tutela". Alla serata, oltre alle istituzioni locali, parteciperà la senatrice Elena Ferrara, membro della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani nonché promotrice della legge 71/2017 sul cyberbullismo. Tra i relatori della serata Ermelinda Damiano, presidentessa del Consiglio Comunale di Venezia, Adelchi d’Ippolito, procuratore della Repubblica aggiunto, Roberto Riccardi, capo ufficio stampa del Comando dell’Arma dei carabinieri, Alberto Berardi, professore aggregato di teoria del diritto giurisprudenziale. Inoltre verrà assegnato un riconoscimento agli ufficiali e ai militari appartenenti alle forze dell’ordine che si sono distinti per il loro operato, alta professionalità e il loro alto senso morale.
 

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