3V Sigma, riapertura difficile. Femca Cisl: «Via un altro pezzo di chimica e 200 lavoratori»
La preoccupazione per il mancato riavvio dell'impresa a un anno dall'incendio che ha distrutto 12.000 metri quadri di stabilimento.
«Ad un anno dall’incendio della 3VSigma che ha distrutto 12.000 metri quadri di stabilimento ci troviamo ad aver perso circa il 50% della forza lavoro assieme alle speranze di una futura ripartenza». Così esprime la propria preoccupazione l'organizzazione Femca Cisl.
È un altro pezzo della chimica di Porto Marghera. Che sembrava l'azienda avesse interesse a ripristinare e conservare, qualche mese fa, dice Francesco Coco segretario Femca Cisl Venezia, e dovrebbe aver trovato anche gli investitori per finanziare i lavori di ricostruzione. «Quello che impedisce l’avvio e la ripartenza è la non volontà di Sifa (Sistema Integrato Fusina Ambiente che gestisce il trattamento delle acque a Marghera) di ricevere le acque di scarto della 3VSigma - tuona Coco - per via di un contenzioso di natura economica che potrebbe mettere in discussione la permanenza dell'azienda non solo nell’area chimica di Marghera, ma anche nei siti di Mozzo e Grassobbio (Bergamo)». Se l'azienda non ricomincia a produrre rischiano in 200.
«Le questioni economiche che bloccano la realizzazione di progetti industriali volti al rilancio industriale ed occupazionale, indispensabili vista la crisi che tutta l’area chimica veneziana oggi sta vivendo, non possono aver la meglio - dice Coco - . L’impianto Pm3 che produce la Tmpina è di rilevante importanza: è il polmone degli stabilimenti di Mozzo e Grassobbio. Anche in quei siti, a causa della mancata produzione di Tmpina, i lavoratori da circa un anno stanno sopravvivendo con il sostegno degli ammortizzatori sociali. È arrivato il momento che qualcuno ci ascolti e quanto prima ci dia delle risposte. Ci serve riavere gli impianti che producono e ridanno occupazione al territorio», e chiede un tavolo con la Regione e Sifa.
«L’azienda non sembra voler onorare gli impegni presi all’interno del tavolo aperto e periodicamente convocato dalla prefettura dopo l’esplosione e l’incendio dello scorso 15 maggio 2020, né quelli presi in precedenza - commenta il consorzio Sifa di cui Veritas ha una quota del 30% del capitale sociale -. Anzi, la volontà di non assolvere agli obblighi nei confronti dei gestori dei servizi pubblici è precedente all’incidente dello scorso anno. Sembrano quindi particolarmente inappropriati e inopportuni i commenti su Sifa, dal momento che 3V Sigma ha utilizzato durante l’emergenza anche i servizi di Sifa, riempiendo con i propri liquami inquinati (come si vede nelle foto) i depositi di emergenza e di gestione di Sifa, destinati agli utenti allacciati al depuratore SG31, tra i quali peraltro non c’era e non c’è 3V Sigma. Liquami che, senza il supporto di Sifa, sarebbero finiti in laguna. Per circa un anno Sifa ha assicurato a 3V Sigma una capacità di stoccaggio di 700 autocisterne (che mai l’azienda avrebbe potuto reperire in tempi brevi nel mercato né tantomeno gestire dal punto di vista logistico)».