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Economia

Crisi aeroporti veneti, alla Camera le modifiche dei contratti degli addetti sicurezza e cargo

L'interrogazione dell'onorevole Nicola Pellicani. «Il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha assicurato collaborazione nella tutela del comparto»

Il comparto aeroportuale è in ginocchio: la scure del Covid si è abbattuta sul traffico passeggeri e merci. Gli 8.000 addetti diretti e indiretti degli scali di Venezia, Treviso e Verona, in cassa integrazione da oltre un anno, temono di non tornare più al lavoro, mentre i più fragili, cioè gli stagionali, non hanno più né lavoro né coperture sociali al momento.

Parliamo degli operatori degli handler, degli addetti ai bagagli, alla sicurezza, dei tecnici, gli operatori delle pulizie, i manutentori, gli informatori dei clienti, gli accompagnatori dei passeggeri a ridotta mobilità, e poi degli addetti ai servizi commerciali, di ristorazione e dei taxi e trasporti esterni dell'area aeroportuale. «Bisogna garantire i livelli occupazionali e i salari dei lavoratori», ha detto oggi il governo, rispondendo a un'interrogazione dell'onorevole Nicola Pellicani (Pd). «Il ministro del Lavoro Andrea Orlando, critico verso il gestore che sta mettendo in discussione i contratti degli addetti di Triveneto Sicurezza e Save cargo, ha assicurato la massima collaborazione a tutela del comparto aeroportuale veneto, in particolare veneziano», afferma Pellicani.

«Si finisce per far pagare gli effetti pesantissimi della crisi ai lavoratori più deboli. Triveneto Sicurezza e Save Cargo sono controllate da Save che qualche settimana fa ha comunicato la volontà di disdire la contrattazione di secondo livello o fare modifiche. Ciò significa per ciascun lavoratore un taglio medio in busta paga del 25-30 per cento pari a 300-400 euro al mese», continua il parlamentare. A Venezia e Treviso gli addetti alla sicurezza non hanno contratti aeroportuali e non possono accedere al Fondo di solidarietà (il cosiddetto Fondo volo) come gli altri lavoratori del settore.

La replica di Triveneto Sicurezza

La società Triveneto Sicurezza è intervenuta sul tema esprimendo «il proprio sconcerto e la propria sorpresa» per la diffusione di «notizie non veritiere»: la società spiega di non aver disdetto il contratto integrativo aziendale «ma, al contrario, si è mossa fin da subito in modo responsabile a sostegno dei lavoratori. Infatti la stessa Triveneto, al fine di ridurre i disagi dei lavoratori, continua tra l’altro ad anticipare ai lavoratori stessi la cassa integrazione, ovviando così ai ritardi nell’erogazione da parte dell’Inps». La società esprime pertanto «il proprio disappunto per il comportamento dell’onorevole Pellicani per aver diffuso informazioni infondate» e «si riserva di tutelare le proprie ragioni in tutte le sedi competenti».

Pellicani ha aggiunto che «il comparto è davvero in difficoltà e i più colpiti sono gli stagionali, l’anello più debole della catena, che riguarda oltre mille persone a Venezia, circa seicento a Verona e duecento a Treviso. Lavoratori invisibili che non percepiscono né stipendio, né ammortizzatori sociali o ristori. Hanno smesso di lavorare alla fine del 2019 e non hanno incassato più nulla, una volta scaduta la Naspi. Si tratta, nella maggioranza dei casi, di precari che lavorano da anni per il gestore aeroportuale e le società di handler. Finora l'Inps ha riconosciuto ristori solo per gli stagionali del turismo (compresi quelli della "balneazione"), mentre gli aeroportuali, avendo un contratto a tempo determinato dove non è precisata la stagionalità della prestazione, pur essendo impiegati ciclicamente nella stagione, sono rimasti a secco. Un’ingiustizia alla quale bisogna porre rimedio al più presto», conclude Pellicani.

Il crollo del traffico aeroportuale in cifre: nel 2020 il traffico aeroportuale italiano è calato del 72,6% rispetto al 2019, un dato senza precedenti, che significa una perdita di 140 milioni di viaggiatori. L’aeroporto di Venezia (compreso Treviso) è lo scalo che ha registrato la flessione maggiore pari al 78% (11,5 milioni in meno), mentre a Verona il calo è stato del 71,4%. Un dato fortemente negativo dovuto anche al fatto che nel Veneto (dati centro studi Cgia di Mestre) c’è stato un calo del 9,3% del Pil sul 2020, un dato più elevato rispetto alla media nazionale (9,1%) dovuto alle dimensioni del sistema turistico regionale e dell’alta propensione all’export. Dati alla mano, il Veneto rappresenta la prima economia turistica italiana con 71 milioni di presenze nel 2019 che equivale al 16,3% del totale del turismo nazionale. Il 2020 è stato un anno drammatico con una diminuzione del 54%: un calo di 39 milioni di presenze. A Venezia il crollo è stato del 75,8%.
 

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