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Crisi Economica

Non si paga, c'è il concordato L'ance: "Così fallimenti a catena"

Allarme dell'associazione dei costruttori di Venezia: "Lo strumento deve servire alle aziende in difficoltà, invece lo si usa in modo fraudolento"

"Il concordato preventivo è diventato un sistema perfettamente 'legale' per non pagare i fornitori, i subappaltatori e altri creditori, creando oltretutto concorrenza sleale verso le imprese che rispettano i propri impegni". L'Ance di Venezia, l'associazione provinciale dei costruttori edili, lancia l'allarme sulla sempre maggiore diffusione, a causa della crisi, del concordato preventivo con continuità aziendale, istituto giuridico che, con la riforma del 2012, consente a un'impresa in difficoltà economica di ridiscutere la propria situazione debitoria. La legge prevede, però, che il debitore possa depositare domanda di concordato "in bianco", rinviando a un secondo momento la presentazione del piano concordatario. Da subito scatta per lui il beneficio della sospensione dei pagamenti e delle azioni esecutive dei creditori.

"In questo modo fornitori e subappaltatori - spiega Ugo Cavallin, presidente di Ance Venezia - vengono costretti a una situazione di grave incertezza e, con il sommarsi di queste situazioni creditorie sospese, si ritrovano di punto in bianco in grave crisi di liquidità. Il concordato preventivo rischia di scatenare una serie di fallimenti a catena". La finalità della normativa è condivisa dall'associazione, ma finché quest'ultima serve per aiutare imprese sane alle prese con temporanee situazioni di crisi di liquidità. Ora, però, è l'allarme lanciato dall'Ance, se ne fa un uso sistematico. Con il rischio che a saltare per primi siano proprio i lavoratori del settore edile.

"L'esperienza - sottolinea il presidente Cavallin - ha tuttavia mostrato come il concordato preventivo sia utilizzato come strumento per scaricare i propri problemi sui creditori che vengono pagati con percentuali assolutamente ridicole, in alcuni casi inferiori al 2%. Al danno si aggiunge poi la beffa, in quanto spesso lo stesso autore del dissesto della propria impresa prosegue l'attività con una società di nuova costituzione, libera da pesi e da responsabilità, alla quale ha conferito il ramo di azienda della precedente. E' necessario un nuovo, definitivo, intervento che elimini alla radice il rischio di un utilizzo fraudolento dell'istituto. E' il Parlamento che deve intervenire anche se in questi giorni sembra impegnato in tutt'altre vicende. Se non si interviene subito, il rischio è che si scateni un nuovo dramma sociale", conclude Cavallin.

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