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L'inflazione corre, a Venezia +8,6% in un anno. Verona la più cara

Giussani (Confesercenti): «Scenario pesante per famiglie e imprese»

Verona, Padova e Venezia sono tra le 15 città più care d'Italia, considerando i capoluoghi di provincia con più di 150mila abitanti. Lo dice l'Istat, nella rilevazione mensile di agosto 2022, ma è un trend in crescita che prosegue dallo scorso anno. Osservando l'indice, da agosto 2021 ad agosto di quest'anno, la classifica indica un +9,7% a Verona, seguita da Padova al +9,1 e da Venezia al +8,6. Tra i capoluoghi con meno di 150mila abitanti, Vicenza registra un +9% e Treviso un +8,8.

L’elaborazione di Confesercenti sui dati Istat evidenzia i primi cambiamenti nella composizione della spesa e soprattutto la riduzione dei consumi, a cominciare da quella dei prodotti alimentari, che aumentano in valore di spesa ma diminuiscono in volume. Analizzando i capitoli di spesa, Treviso e Venezia registrano variazioni simili: le spese energetiche sono schizzate a +76,1% a Treviso e +75,2% in laguna; nella ristorazione, rispettivamente, +6,2% e + 5,2%; per quanto riguarda i prodotti alimentari, +11% a Treviso e +10,5% a Venezia.

Gli aumenti nelle altre città venete

Anche nel capoluogo scaligero, il più caro del Veneto e sesto tra i grandi comuni italiani, la crescita maggiore è quella per le spese legate a elettricità e gas: la variazione rispetto ad agosto 2021 è di +76%, seguita dai prodotti alimentari con un +12,5%, servizi di ristorazione (+8,9%) e bevande analcoliche (+8,7%). A Padova le spese per l'energia registrano un +75,9%, quelle per i prodotti alimentari +12,3% e quelle per le bevande analcoliche +8,4%, mentre i servizi di ristorazione segnano un +5,1%. A Vicenza le spese energetiche sono aumentate del +78,6%, i prodotti alimentari del +11,7%, le bevande analcoliche +8,3 % e i servizi di ristorazione +5%.

Scenario preoccupante

Cristina Giussani, della Confesercenti Veneto, commenta: «Inizialmente le imprese, preoccupate da un possibile diminuzione dei volumi, hanno cercato di non scaricare l’inflazione sui prezzi con l’effetto di far crollare la loro redditività. Oggi, sulla spinta degli aumenti energetici, non è più possibile contenere i prezzi. Gli acquisti delle famiglie si sono fatti più oculati e infatti le spese iniziano a ridursi in modo sensibile. La prospettiva appare molto preoccupante: con l’avvicinarsi dell’autunno e dell’inverno le famiglie registreranno in misura crescente gli effetti dell’inflazione spinta dall’esplosione delle bollette energetiche, con conseguente caduta del potere d’acquisto e diminuzione dei consumi in favore delle spese obbligate. Uno scenario pesante per le famiglie, ma drammatico anche per le piccole imprese del turismo e del terziario, schiacciate tra il rallentamento dei consumi e l’aumento dei propri costi fissi. Senza un intervento immediato per superare l’emergenza energetica, contenere l’inflazione ed evitare il pericolo di recessione, il rischio è che migliaia di attività vengano messe fuori mercato nei prossimi dodici mesi».

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