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Economia

Inflazione, «è una patrimoniale da 8,3 miliardi sui conti correnti dei veneti»

Lo sostiene uno studio della Cgia, secondo il quale l'inflazione sta erodendo in modo subdolo i risparmi degli italiani

L’inflazione è una tassa della peggior specie, perché colpisce soprattutto chi ha meno. In certe condizioni gli effetti sono ancor più preoccupanti, in particolar modo quando si abbatte come una patrimoniale sui conti correnti. Le famiglie pensano di avere il proprio gruzzolo al sicuro, in realtà una parte dei risparmi è destinata a evaporare. Secondo i calcoli del centro studi della Cgia di Mestre, nell'ultimo anno l’aumento dell’inflazione è costato ai veneti (in termini teorici) 8,3 miliardi di euro: questo perché il tasso di interesse applicato dalle banche si è mantenuto vicino allo zero, mentre l’inflazione, cresciuta dell’8 per cento, ha eroso in modo consistente i risparmi totali, quantificati in 103,8 miliardi.

Lombardia, Lazio e Veneto le regioni più penalizzate

Il costo più salato l’hanno pagato i risparmiatori delle regioni più ricche: in Lombardia la perdita di potere di acquisto è stata di 19,4 miliardi, nel Lazio di 9,3, in Veneto di 8,3 e in Emilia Romagna di 8,1. Desta sorpresa il risultato emerso dal confronto tra le macro aree geografiche: se a Nordovest il “prelievo” è stato di ben 29,8 miliardi, nel Mezzogiorno ha raggiunto quota 22,8 miliardi, dato nettamente superiore ai 20,7 miliardi registrati nel Nordest e ai 18,8 miliardi riconducibili al Centro.

Il 6 per mille imposto da Amato ci costò 18 volte di meno

Secondo Cgia, le persone faticano a cogliere e quantificare gli effetti negativi dell’inflazione sui propri risparmi. L'associazione ricorre a un parallelismo: 30 anni fa, nell'estate del 1992, il governo Amato impose un prelievo straordinario del 6 per mille sui conti correnti degli italiani, misura che costò alle famiglie 5.250 miliardi di lire, ovvero 2,7 miliardi di euro. Cifra che oggi corrisponderebbe più o meno a 5 miliardi di euro. Praticamente un sacrificio economico 18 volte inferiore a quello di 92 miliardi causato dall'inflazione degli ultimi 12 mesi.

Rischio stagflazione

Il pericolo che la nostra economia stia scivolando verso la stagflazione è molto elevato: succede quando una crescita economica molto bassa si affianca un’inflazione molto elevata, che provoca un aumento del tasso di disoccupazione. Un quadro economico che in tempi relativamente brevi potrebbe verificarsi anche in Italia a causa delle difficoltà legate alla pandemia, degli effetti della guerra in Ucraina, dell’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici.

Le contromisure

Contrastare la stagflazione è un’operazione complessa. Gli esperti sostengono che le  banche centrali dovrebbero contenere le misure espansive e aumentare i tassi di interesse, operazione che consentirebbe di diminuire la massa monetaria in circolazione. È evidente che avendo un rapporto debito/Pil tra i più elevati al mondo, con l’aumento dei tassi di interesse l’Italia registrerebbe un deciso incremento del costo del debito pubblico. Un problema che potrebbe minare la nostra stabilità finanziaria. Bisognerebbe intervenire simultaneamente su altri versanti: «Drastica riduzione della spesa corrente e taglio della pressione fiscale - sostiene la Cgia - sono gli unici strumenti efficaci in grado di stimolare i consumi e alimentare la domanda aggregata di beni e servizi». Infine, «dovremmo introdurre un tetto al prezzo del gas e del carburante. Due voci che in questi ultimi 12 mesi hanno contribuito in misura determinante ad innalzare pericolosamente il livello di inflazione».

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