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«La mia Biennale una piattaforma in cui possa continuare il dialogo tra i popoli»

La curatrice della 59. Esposizione internazionale d'arte di Venezia ha fatto oggi il punto sulla difficoltà di realizzare la mostra e sulle prospettive future

Annunciata e posticipata, organizzata in due anni falcidiati dalla pandemia. Cecilia Alemani, curatrice della Biennale Arte 2022, nel corso della conferenza inaugurale dell'esposizione che animerà Giardini e Arsenale di Venezia per i prossimi mesi, non ha nascosto le difficoltà che si sono susseguite a causa del Covid: «Questa mostra ha qualcosa di miracoloso. - ha spiegato - Organizzarla è stata un'avventura bellissima, ma non senza ostacoli e singhiozzi. Sono stata nominata nel 2020 e mi aspettavo di poter conoscere artisti in giro per il mondo, ma sono riuscita solo a fare mezzo viaggio in Scandinavia. Ho eseguito questa mostra tra le pareti del mio appartamento di New York incontrando artisti e artiste di tutto il mondo, con lunghe conferenze su Zoom, senza la possibilità di avere un contatto in presenza».

L'intera Biennale è stata concepita e eseguita in periodo di emergenza Covid, «e ora con la guerra in Ucraina si fa fatica a pensare quanto abbia senso una mostra e fare art». L'auspicio della curatrice è che si possa pensare alla 59. Esposizione internazionale come una piattaforma dove il dialogo tra i popoli possa continuare, «e all'interno della quale si possa guardare all'arte come un ponte tra nazioni diverse». Dopo la pandemia, la Biennale si confronta con un nuovo ostacolo, quello bellico, che ha portato anche alla rinuncia della Russia a presenziare con il proprio padiglione in laguna. Nonostante sia stata organizzata prima dello scoppio del conflitto, l'intera mostra riesce comunque a "riflettere il mondo complesso d'oggi, in modo trasversale e completo", ha puntualizzato Alemani.

L'esposizione, che si snoda attraverso tre 'fil rouge' - post-umano, tecnologia e legami che intrecciano corpi e terra - si caratterizza, per la prima volta, per la grande presenza di opere al femminile. «Sono la maggioranza, - ha detto Alemani - ma non è stata una scelta a priori, bensì il risultato di un percorso. Come curatrice ho lavorato con molte donne, e credo che in questo momento siano tra le più capaci a livello internazionale». Si tratta di un ribaltamento rispetto alla storia della Biennale, che in 125 anni ha sempre avuto una predominanza di artisti uomini. «Mi auguro che le persone visitino le mostre e solo successivamente si possano rendere conto che si può fare una mostra anche con una maggioranza di donne».

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