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A Venezia arriva "Blonde": vita e morte di Marilyn Monroe ma senza alcun miracolo

Il film di Andrew Dominik, in concorso alla 79. Mostra del Cinema di Venezia, è un grande e pretestuoso esercizio di stile che punta a provocare e indignare il pubblico più che a rappresentare il dramma interiore vissuto da Marilyn Monroe

È difficile trovare un film meno convincente di Blonde, il lungometraggio di Andrew Dominik che racconta la storia di Marilyn Monroe. Opera di rara mediocrità, l’ultima fatica del regista australiano risulta pedante e banale a causa – soprattutto – di una narrazione retorica e di un ritmo talmente lento che porterà allo stremo anche la resistenza dello spettatore più paziente. 

Tratto dal romanzo di Joyce Carol Oates, Blonde ripercorre la vita di una delle icone intramontabili di Hollywood, Marilyn Monroe. Dalla sua infanzia precaria come Norma Jeane, fino alla sua ascesa alla fama e agli intrecci sentimentali, il film in concorso alla 79. Mostra del Cinema di Venezia confonde i confini tra realtà e finzione per esplorare la crescente divisione tra l'aspetto pubblico e privato della più celebre star della storia del cinema.

Blonde vorrebbe infatti raccontare la diva dietro la diva o, più precisamente, il conflitto tra 'persona' e 'personaggio'. Scrivo “vorrebbe” perché non ci riesce minimamente: la drammaticità risulta talvolta forzata e il contrasto interiore vissuto dalla protagonista viene troppo spesso banalizzato, dando origine a sequenze che risultano grottesche e involontariamente comiche.

Il film di Dominik è un grande e pretestuoso esercizio di stile che, nel corso della sua eccessiva durata (quasi tre ore!), punta a provocare il pubblico più che a rappresentare il dramma di Monroe: numerose inquadrature e intere sequenze non hanno alcuno scopo narrativo se non quello di indignare l’audience e scandalizzare lo spettatore. Anacronistico se si pensa che tra i tanti – eccessivi – intenti dell'autore probabilmente vi era anche quello di rendere giustizia a Norma Jeane Mortenson Baker, troppo spesso vittima di un’industria e di una società che ne ipersessualizzavano la fisicità. 

Quindi Blonde è completamente bocciato? No, ci sono alcuni aspetti che lo salvano dalla mediocrità più assoluta: la sequenza iniziale, riguardante la triste infanzia della diva, è molto buona e rappresenta l’unico momento in cui ci si riesce davvero a immedesimare in Marilyn. Inoltre sono degne di nota l’ottima fotografia e la prova attoriale di Ana de Armas che, sebbene lontana dall’eccellenza, ha il pregio di reggere da sola tutto il film. La messa in scena è altresì molto curata ma la raffinatezza risulta posticcia e ostentata all’inverosimile, forse per nascondere la vuotezza del contenuto narrato. Da Andrew Dominik, autore del bellissimo L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (2007) ci si aspettava decisamente di più. 

In pochissime parole: in Blonde di Marilyn Monroe vengono mostrate vita e morte. Di miracoli, però, nemmeno l’ombra. Voto: 4

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