"Search", ricerca e contaminazione nella mostra di Simone Pizzinga
Venerdì 15 aprile 2016, dalle 15 alle 18, inaugurazione della mostra SEARCH di Simone Pizzinga. Un giovane artista, formatosi all'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, che ha già raggiunto una elevata maturazione espressiva. Espone a Venezia con alcuni dei suoi lavori più recenti. Opere che rappresentano una ricerca (da cui il titolo SEARCH) che parte dall'uso di tecnologie digitali, per giungere all'unicità di un'opera fisica. Un'interessante percorso che trova felice esaltazione nella ricerca dei canoni classici di bellezza nei volti e nelle espressioni umane. Una ricerca anche di nuove tecniche artistiche, che Simone sviluppa con sicura padronanza e che non ha timore di svelare. Le sue opere saranno esposte fisicamente fino a domenica mattina. Poi saranno esposte digitalmente fino al 30 aprile.
Il titolo della mostra è SEARCH, una parola che è il punto di partenza sia della sua progettualità quanto del concetto che è alla base delle sue opere. L'artista Simone Pizzinga, classe 1985, vive e lavora a Torino. Ha basato la sua ricerca, fin dai suoi esordi, sulla contaminazione dello stile e le tecniche classiche con le nuove tecnologie. Tutto parte dal lampeggiare dell'indicatore che si trova nella barra dei motori di ricerca, nella quale l'artista scrive una parola chiave da cui parte una ricerca, un'indagine.
"Partire da immagini già realizzate mi costringe a interpretarle e metabolizzarle per poi dare vita a qualcosa di nuovo. Ciò che mi interessa è fare uscire dall'anonimato visivo questi frame che scelgo, mai casualmente, tra le miliardi di fotografie che si trovano online. Spesso quello che nella foto originale è un soggetto marginale acquista nei miei lavori una nuova centralità." La sua ultima produzione artistica prevede come primo passaggio l'elaborazione grafica e iconica dell'immagine presa come soggetto. Questa nuova immagine viene virata nei toni del bianco e nero e sviluppata su pellicola fotosensibile. Le pellicole vengono poggiate sui fogli acquerellati e il tutto è poi incorniciato.
Vetro, pellicola fotosensibile, carta e decine di strati di acquarello permettono all'opera una profondità che non è solo materiale, ma anche psicologica. Le deformazioni che impone agli originali, non rompono l'armonia di fondo, ma anzi donano a loro una sospensione che sembra estatica. Le immagini perdono ogni connotazione digitale, diventano profonde, soffici, carnali e fluttuano sospese su quella base di pigmento e acqua che è stata stesa come un velo. A questo punto si genera un ossimoro, le immagini che sembrano cupe e soffocanti diventano leggere e sospese.
Quel che abbiamo di fronte non è la realtà ma un frammento di essa. Da questa è estratto un dettaglio, perché sia condotto altrove e sospeso lì come è di certi istanti tramandatici dall'arte più classica e dalle sue pose. In una sorta di "indifferenza" rispetto al tempo e al luogo da cui proviene e in cui è stato "catturato", un soggetto minore guadagna una centralità inedita.