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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Prende il via la Biennale di Architettura: un'edizione che "guarda oltre il deserto"

L'architettura come punto di connessione tra intelletto e società civile. Il presidente Paolo Baratta: "Serve un risveglio della creatività per ridisegnare le realtà urbane"

La donna che, in cima alla, scala riesce a vedere oltre il deserto: è l'immagine scelta per il manifesto della 15^ Mostra internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, "Reporting from the front", diretta da Alejandro Aravena. La stessa che accoglie i visitatori nella prima sala del Padiglione Centrale, ai Giardini, per ribadire il messaggio che la Biennale intende lanciare quest'anno non solo agli architetti, ma all'intera società civile. Lo sguardo spazia infatti sulle desolazioni delle periferie urbane, sulle miserie dei campi profughi nel deserto che diventano i confini di sabbia di un popolo in fuga dalla guerra, sulle bruttezze architettoniche che si deteriorano come rifiuti. Ma guarda soprattutto, in positivo, alla capacità creativa dell'architettura, all'intelligenza che trasforma in bello ciò che viene scartato dal consumismo.

"Bastano quattro gradini - spiega il presidente, Paolo Baratta - per quello sforzo minimo intellettuale, individuale e come società, quella presa di coscienza che ora è necessaria per inserire maggior qualità sui nostri territori, attraverso una maggiore libertà. Perché quello che si deve fare oggi si può fare in maniera diversa e le poche risorse possono aiutare a risvegliare le intelligenze". Dunque per Baratta "c'è la necessità di ripensare l'edilizia, perché la differenza rispetto a qualche anno fa è che allora, salendo su una collina, si vedevano pianure, adesso si rivede il costruito. E, in questo contesto, l'architettura richiede capacità di investimento, capacità di governo e capacità di fare le leggi, rivedendo anche i regolamenti urbanistici".

Quella che inizia mercoledì è una Biennale Architettura in cui l'aspetto intellettuale e quello popolare sono vicini come mai lo sono stati nelle precedenti edizioni. La mostra vede 65 partecipazioni nazionali; cinque le nazioni presenti per la prima volta: Filippine, Lituania, Nigeria, Seychelles e Yemen. "Spero che la Biennale riesca a parlare ai sindaci - dice Baratta - che sembrano un po' affaticati, presi dai problemi delle quadrature dei bilanci, e non possiamo dire di avere grandi progetti. Troppo concentrati sul benessere individuale, stranamente però tutti noi abbiamo dimenticato l'arte di fare lo spazio comune che abitiamo". Un esempio per tutti sono Marghera e Bagnoli, da cui l'industria pesante si è ritratta lasciando scheletri architettonici affacciati sull'acqua, a cui è dedicato un progetto speciale della rassegna allestito a Forte Marghera.

L'esposizione rinuncia ad ogni forma di narcisismo e non celebra le grandi realizzazioni, come invece avvenuto negli anni passati, e anche le archistar presenti vengono viste in una prospettiva diversa. "La cosa interessante - evidenzia il presidente - è che questi maestri non sono qui come archistar, ma perché si stanno occupando di problemi a scala ridotta necessari ai luoghi dove sono chiamati a intervenire. Quel che vogliamo dire anche a loro è che, adesso, le necessità sono le nostre: ripeto, lo scopo precipuo di questa Biennale è quello di tornare a parlare delle necessità dei luoghi vissuti da tutti". Un ritorno alla concretezza di cui si fa testimone anche Renzo Piano. "Dopo un' ubriacatura delle tendenze scultoree dell'architettura - afferma - c'è un ritorno all'architettura come arte civica. L'architettura è un'arte di frontiera, che ha a che fare con il sociale".

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