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Al teatro a l'Avogaria la nuova scena contemporanea: gli spettacoli e le info utili

Otto appuntamenti in cartellone con le produzioni più interessanti delle giovani compagnie

La nuova drammaturgia italiana sbarca in laguna al Teatro a l'Avogaria di Venezia (Dorsoduro 1607, Corte Zappa). Riparte l’undici febbraio 2020, ore 21.00, il ciclo de “I martedì” de l'Avogaria, rassegna che in questa edizione primaverile presenta otto appuntamenti con alcuni fra gli spettacoli delle giovani compagnie più apprezzati in Italia.

Una donna per Papa. Questa inedita prospettiva è al centro dello spettacolo di apertura: “Sic transit gloria mundi”, spettacolo vincitore del premio del pubblico nella scorsa edizione. Un monologo irriverente, scritto e diretto da Alberto Rizzi con Chiara Mascalzoni per raccontare il ruolo della donna nel mondo occidentale attraverso la storia femminile nella chiesa cattolica con l'immaginaria e possibile, per quanto improbabile, elezione di una donna al soglio di Pietro.  Una riflessione sull’esclusione delle donne dal sacerdozio, ma più in generale per analizzare le ragioni storiche, teologiche e religiose della sudditanza della donna all’uomo nella chiesa e nel cattolicesimo laico. Si passerà dal ruolo della donna nel passato della chiesa, per arrivare ad una biografia inventata della prima papa e infine una storia alternativa e possibile della chiesa attraverso le donne. Uno spettacolo che è una critica surreale ed estrema al maschilismo della chiesa e quindi al maschilismo del mondo laico. Con un linguaggio semplice, e una regia accattivante e originalissima, ha conquistato premi di settore nelle più importanti rassegne italiane (Endas, Premio Cervi, Doit Festival, Contemplazioni, Italia dei Visionari) e internazionali (New York festival, Avignone Off) oltre ai favori indiscussi della critica e l'affetto incondizionato del pubblico, tra cui quello dell’Avogaria che lo ha premiato come miglior rappresentazione dell’anno scorso.

Il 18 febbraio, canzoni d’autore con lo spettacolo Il treno va, di e con Adriano Iurissevich. Un cantautore più conosciuto come teatrante che come poeta o musicista. Nel suo lavoro prendono vita storie, luoghi e personaggi dei bei tempi andati o di un presente che sembra quasi una via crucis. Tra i temi affrontati, la xenofobia, il precariato giovanile e non solo, la politica becera e urlata. La follia al centro invece di “Geminga. La tristallegra storia dell’elefante che provò a scappare dalla casa dei matti” (25 febbraio) di Samuel Krapp con Ilaria Weiss e Fabio Manniti Geminga racconta la giornata tipo di due persone affette da schizofrenia e disturbo borderline, di personalità che condividono la stessa camera di una clinica psichiatrica con un solo letto, una sola sedia, un solo comodino e un’unica porzione di pasto. Scandiscono il tempo inventando giochi con i quali descrivono la loro visione della realtà scontrando le loro opinioni su di essa: lui, cinico, vede l’origine dell'Universo nel Big Bang e nelle particelle elementari, lei, fatua, nei cinesi che «hanno fatto le città, il cielo e tutti i fatti loro». Una storia d'amore tormentata tra due anime che, come vuole il fenomeno quantistico, una volta toccatesi saranno sempre connesse l’una all'altra.

Marzo, il 3, inizia con un’anteprima assoluta: Zona Franca di e con Federica Mafucci per la regia di André Casaca.  Questa piece è il territorio dove vivere la propria follia come atto di libertà. Un luogo dove lo spettatore viene trasportato all'interno di un mondo libero e fantasioso, ma con la profondità di una vita difficile e incerta, quella di Franca, la protagonista. La donna, attraverso un dialogo diretto con il pubblico, racconta “storie di ordinaria follia” giocando con il divertimento e il dramma del vivere quotidiano in modo da portare gli spettatori dentro un vortice di sensazioni familiari da condividere ed esorcizzare attraverso la comicità. 

Una delle tragedie di fine millennio, 10 marzo, è invece il tema di “Miles Gloriosus. Ovvero: morire d’uranio impoverito”, per la regia di Antonello Taurino con lo stesso Taurino e Orazio Attanasio. Una storia di misteri, di morti e di colpe, di malati, tribunali e assurdità. Ma proprio per questo, chi meglio di due cialtroni può raccontarla? Nato da una dettagliata inchiesta durata due anni, lo spettacolo narra con toni comicissimi una tragedia: la storia dei soldati vittime dell'uranio impoverito di ritorno dalle “missioni di pace” negli anni ‘90 si intreccia a quella farsesca ed esilarante di due teatranti sciamannati, Mimmo e Pasquale, che – tanto cinici quanto cialtroni – cercano idee per il loro nuovo spettacolo. I due diventeranno inconsapevoli narratori di una delle pagine più tristi e oscure nel recente passato del nostro Paese.

Il 17 marzo, va in scena uno dei più suggestivi testi teatrali di Dino Buzzati, “Sola in casa” con Michela Mocchiutti per la regia di Mauro Avogadro. Protagonista di questo intenso e surreale monologo a due voci, è Madama Iris, “cartomante e chiromante laureata” che nel grigiore di una sera di pioggia, terrorizzata da un misterioso maniaco serial killer, inizia un viaggio dalla solitudine al terrore, e di qui alla morte. Ma Iris uccide soltanto nella fantasia. Un finale ironico e noir che diviene un momento di confronto personale con la vita e con la solitudine. E, a parte il tema che, si riallaccia al primo e miglior Buzzati, è il suo trattamento, così dosato e intelligente, a fare di questo atto unico uno dei risultati più persuasivi della drammaturgia dello scrittore.

Penultimo appuntamento della rassegna, 24 marzo, con “Lo soffia il cielo” tratto da Massimo Sgorbani con Maura Pettorruso e Francesco Errico per la regia di Stefano Cordella. Una Madre e un Figlio ai tempi della società dei consumi e delle immagini. Lei chiusa in casa e teledipendente, lui considerato “strano” e con grosse difficoltà relazionali, soprattutto con le donne. Entrambi si creano il proprio mondo per sopravvivere in una società totalmente alienata in cui gli affetti sono condizionati dall’invasione mediatica e la comunicazione viene totalmente filtrata. I due personaggi sfogano le proprie frustrazioni attraverso due monologhi intrecciati, dialoganti e interconnessi tra loro, nei quali vengono svelate le drammatiche conseguenze del bisogno d’amore del figlio, vittima anche di un lento e inesorabile “distacco” della madre che guarda al passato con rabbia e disincanto.

Ultimo martedì, 31 marzo, con “La confessione. Un prete gay racconta la sua storia” di Marco Politi e Alfredo Traversa. L’opera nasce da un incontro con un prete che ha raccontato il suo mondo ed il suo vissuto, dall’entrata in seminario, alla sospensione e alla celebrazione eucaristica. Un calvario attraverso le scomuniche della gerarchia ecclesiastica e la comprensione della condizione dell’uomo e dei suoi desideri carnali. Una testimonianza drammatica e sincera di un prete cattolico che scopre di essere omosessuale, raccontata sul palco senza segreti, mentre si mostra al pubblico come nell’atto di una confessione piena. Non c’è mediazione. Il suo corpo e la sua anima sono davanti agli spettatori: un uomo disarmato perché vorrebbe “tenere insieme”' tutte e due le sue parti, quasi un dramma dal sapore shakespeariano.

L’Associazione Teatro a l’Avogaria, nasce nel 1969 dalla passione e dalla tenacia di Giovanni Poli, già fondatore del Teatro Universitario Ca’ Foscari di Venezia e dagli esordi si pone come laboratorio di ricerca che coniuga un metodo d’improvvisazione teatrale tra la Commedia dell’Arte e le Teorie dell’Avanguardia. In più di quarant’anni di attività ha prodotto oltre sessanta spettacoli tra cui la “Commedia degli Zanni”, rappresentata con successo sui più importanti palcoscenici internazionali. Riconosciuta come uno dei centri di formazione professionale di riferimento nel Triveneto, ogni anno organizza corsi, dedicati ad appassionati e professionisti, su discipline quali recitazione, Commedia dell’Arte, dizione, storia del teatro, canto, tecnica dell’interpretazione. 

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