Il "Don Giovanni" di Molière al Toniolo, con la regia di Alessandro Preziosi
Il Don Giovanni di Molière non è un banale donnaiolo. È volontà di potenza, di affermazione di sé che nasce da un vuoto esistenziale, da una sorta di noia metafisica e da un timore di fallimento. Un Don Giovanni che ormai prossimo al termine della sua carriera sembra quasi svelare la maschera ipocrita della cinica empietà.
A portarlo in scena al Teatro Toniolo è un regista d'eccezione, il celebre attore Alessandro Preziosi: "In una società che sembra implorare la finzione per raggiungere la felicità convivendo nella costante messa in scena di sentimenti ed emozioni, il Don Giovanni di Molière smaschera questo paradigma di ipocriti comportamenti, di attitudini sociali figlie di una borghesia stantia e decadente, divenendo il maestro inimitabile della mimesi. Don Giovanni accumula su di sé, come una cavia, l'ipocrisia del mondo e diviene consapevole vittima sacrificale della società. In sostanza, il personaggio letterario che attraverso questo sacrificio continua ad essere mito dell'individualismo moderno, finisce per immolarsi rifiutando la misericordia divina e per questo rimanendo mito del ventunesimo secolo. Non resta che sperare che questa spettacolarizzazione dei vizi dell'anima crei nel pubblico, indispensabile per il nostro Don Giovanni, un contraccolpo di reale riflessione sul senso e il mistero della vita: la salvezza dello spirito è radicalmente legata alla nostra autenticità".
Il Don Giovanni di Molière è un testo che suona ancora oggi come attuale ma è anche un’opera misteriosa e sublime, dal genere “unico” sotto molti punti di vista, soprattutto dal punto di vista stilistico: una commedia irresistibilmente atipica rispetto alla vasta produzione del commediografo francese, una tragedia quasi Shakespeariana con una trama apparentemente poco lineare, e personaggi e caratteri in apparenza incredibilmente distanti fra loro.
In questo adattamento ci si è proposti di realizzare un copione dal carattere spiccatamente “postmoderno” e cinematografico, che conferma il piacere agli affezionati della prosa, ma capace di introdurre degli elementi che attivano il pensiero, come ad esempio l’episodio introduttivo del duello con il Commendatore, matrice di tutta la vicenda narrata. La lingua è usata al servizio dello spettacolo con il preciso intento di sposare lo scorrere dell’intrattenimento con un discreto mimetismo dei contenuti, assecondando organicamente una struttura bizzarra in cui commedia e tragedia si succedono quasi senza preavvisi.
Questa libertà creativa apparentemente caotica, forse dovuta ad una estrema sintesi compositiva da parte dell’autore, è compensata da una rimarcata struttura e da una rigorosa “l’impaginazione” un succedersi di quadri resi con vere e proprie ellissi cinematografiche.