The anxious forms of Claudio Gorini
Claudio Gorini è forse più noto come scenografo — affermatosi del resto con meritato successo per gli innovativi allestimenti di celebri opere teatrali e musi- cali — che quale pittore, per altro fortemente radicato in quella “tradizione del nuovo” che da noi si è formata sulle tracce dei “ribelli” di Cà Pesaro e in seguito sulle “rivolte” estetiche e morali dei neosecessonisti del Fronte, in particolare sulle alternative proposte linguistiche di Pizzinato e di Vedova.
Infatti fin dai precoci esordi, avvenuti nel 1962 alla Bevilacqua La Masa, Gorini si è rivelato un pittore di solida tempra, dotato di singolari qualità espressive, impegnato già a sperimentare un linguaggio di cruciale modernità tra aspirazio- ni verso un costruttivismo post-cubista e mediante declinazioni di un sentimen- to lirico dell’ambiente di immagine tradotto e consegnato innanzitutto a una concitata ritmica spaziale del segno e del colore, a una materia pittorica insieme sontuosa e severa nella sua erompente dialettica visiva, le cui matrici si possono addirittura ritrovare in Tintoretto e in diversi protagonisti del barocco veneto. Dopo un periodo fecondo di presenze espositive. tra il ‘70 e il ‘78, Gorini si è volutamente distaccato dal giro delle varie competizioni artistiche, preferendo isolarsi in una ricerca più privata e viaggiare di frequente per conoscere diretta- mente la cultura di altri paesi, dedicandosi per vivere al mestiere soprattutto di scenografo, da lui acquisito e maturato all’Accademia, sotto la guida di Mancini, ma continuando ugualmente a coltivare nello studio il disegno e la pittura, anzi procedendo con ciò a un evoluzione figurativa di particolare complessità sintat- tica e strutturale delle forme plastiche.
In questi anni quell’originaria vocazione è tornata però a farsi, in lui, sempre più urgente sino a coinvolgerlo nuovamente in maniera totale, portandolo a realiz- zare una copiosa produzione contrassegnata da imprevedibili approfondimenti
stilistici, da un’intensità di soluzioni di potente impatto emotivo. Con rigorosa coerenza egli è pertanto ripartito da certi assunti iniziali, dai teoremi decostrut- tivi delle sue prime esperienze, accentuando un processo di frammentazione geometrica delle forme con l’intento di mostrare in modo più efficace le linee essenziali dell’impianto ideativo e percettivo nell’elaborazione dell’immagine rappresentata. Non a caso i temi che vi ricorrono sembrano i medesimi delle sue prime prove: paesaggi, figure, oggetti della scena quotidiana, rivisitati per solle- citazione e contenuti esperienziali tuttavia diversi, secondo una molteplicità di prospettive o, meglio, punti di vista che ora gli hanno consentito di intercettare e di coniugare in un inestricabile ma convergente movimento sia persistenti me- moriali che segrete pulsioni, sia oggettivate lucide riflessioni che oscure inquie- tudini esistenziali.
I dipinti attuali: oli, tempere, pastelli raffigurano mobili e liquide atmosfere emergenti da aspri cunei, da contrastate strutture formali, assecondando un vorticoso conflitto di situazioni e momenti spaziali, di opposti d’animo ed in- sieme di prospezioni insidiose che culminano in una sorta dì deflagrate vet- torialità risonanti di un’armonia forse disperata, ma non ancora perduta. Una fantasmagorica turbinosa alimenta le partiture visionarie dell’artista in un di- spiegamento complesso, articolato per sequenze ritmiche, per magnetiche e notturne ascensioni, accensioni cromatiche, dalle quali si sprigiona allusiva- mente un rapinoso controcampo interiore, la luce ansiosa di una rivelazione ultima.