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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica

Carenza di personale sanitario: la Regione fa tornare al lavoro i medici in pensione | VIDEO

Già pronta la delibera per rispondere all'emergenza veneta, ma la Cgil non ci sta. Sull'ospedale civile: «Capisco perplessità e manifestazioni ma non si è ancora deciso nulla»

Concorsi deserti, facoltà a numero chiuso, lunghe specializzazioni, magari lontano dai reparti, e il problema della carenza di personale medico in Veneto è esploso. Determinando un'emergenza forse senza pari. In parte, come avviene all'Ulss3, si ricorre a specialisti esterni contrattualizzati "a chiamata", ma l'unica strada percorribile al momento, nell'attesa che dai corsi escano i nuovi medici pronti a entrare nei reparti, sembra quella di tornare a mettere in servizio personale già uscito dall'impiego per pensionamento. L'annuncio di una delibera pronta in tal senso è stato fatto martedì nella sede della giunta regionale di palazzo Balbi a Venezia dal governatore Luca Zaia.

La delibera

La delibera prevede che «aziende ed enti del sistema sanitario della Regione possano conferire incarichi individuali con rapporto di lavoro autonomo a medici già collocati in quiescenza qualora risulti oggettivamente impossibile disporre assunzioni di personale medico dipendente e risulti parimenti impossibile, in subordine, stipulare contratti di lavoro autonomo con personale medico non ancora in quiescenza». E che l’incarico sia necessario per garantire i livelli essenziali di assistenza, pena interruzione di pubblico servizio. Fa notare Zaia: «Se vi fosse una sufficiente adesione ai concorsi, in questo momento la Regione Veneto sarebbe pronta a contrattualizzare in breve tempo 652 medici, ma qualcosa deve cambiare in fretta, soprattutto a livello di normative nazionali, perché se la nostra delibera di oggi dovesse finire per stabilizzarsi nel tempo sarebbe una sconfitta per tutti».

Il provvedimento estremo

Zaia ha spiegato: «La mancanza di medici è il punto dolente della sanità. Ne mancano 56mila a livello nazionale. In Veneto si calcolano 80 milioni di prestazioni sanitarie in 68 ospedali con oltre 50 mila dipendenti, e si contano all'anno 2 milioni di accessi al pronto soccorso. Mancano 1300 medici. Siamo in difficoltà, non troviamo personale. Se è stato verificato che nel mercato non ce ne sono di assumibili, se ci sono difficoltà a erogare le cure, diciamo alle Ulss: provvedete ad assumere medici. Quali? Quelli in pensione. Siamo consapevoli - dice il presidente - che si tratta di una misura "estrema", adoperata perché prima di tutto vengono le cure dei cittadini». Spesso accade che i vincitori dei concorsi rinuncino al posto. In qualche misura infatti la legge della domanda e dell'offerta funziona anche per il fattore lavoro. Quando la domanda è molta e l'offerta è poca, chi partecipa a più concorsi e ne vince vari ha perfino la possibilità di scegliere il posto in cui svolgere la professione, probabilmente più vicino a casa.

Medici in forze

«Il vero problema sono le borse di studio per la specialità: in Italia un medico quando si laurea non può esercitare ma deve specializzarsi - continua Zaia -. Le scuole di specializzazione hanno il numero chiuso e non garantiscono il turn over dei medici. L'altro aspetto è il numero chiuso nelle università, che io considero sbagliato. Per tamponare la grave carenza possiamo al momento richiamare in servizio medici non in prepensionamento, ma che abbiano certe caratteristiche, professionisti sicuramente capaci che, magari, avevano lasciato con dispiacere il loro lavoro pur essendo ancora nelle condizioni di esercitare la professione, con contratti ad hoc a tempo determinato, per coprire le falle. Ora le Ulss sono legittimate a farlo».

Temporaneità

Si tratta di un provvedimento temporaneo, «che potrebbe addirittura venir impugnato - viene precisato dalla Regione stessa, tuttavia - «ora pensiamo all'urgenza che le prestazioni mediche vengano erogate. Non si tratta di un adelibera che va a ledere il lavoro dei giovani - puntualizza Zaia -. Ma siamo costretti in maniera temporanea a tamponare. Sicuramente sarebbe un fallimento stabilizzare una norma del genere. Servono migliaia di medici negli organici. La maggior parte comunque la troveremo con concorsi regolari, speriamo, che sono già banditi. Il principio giuridico su cui si basa la norma è evitare l'interruzione del pubblico servizio e rispettare la Costituzione. In Veneto abbiamo 90 borse di studio per specializzandi (10 milioni di euro) voncoleremo l'erogazione dei benefici al vincolo di restare a lavorare almeno 2 anni nelle nostre strutture».
 

«Pensionati in corsia: un errore»

«Non possiamo che giudicare come grave e sbagliata la scelta della giunta regionale del Veneto - dichiara Daniele Giordano segretario generale della Funzione Pubblica Cgil - di recuperare i medici pensionati mettendo i settantenni a garantire il nostro sistema sanitario in un settore che prevede il lavoro a turni e notturno. Il presidente Zaia dovrebbe ammettere il proprio fallimento. Dichiarare che il nostro sistema sanitario non garantisce la qualità dell’assistenza, che siamo a rischio di interruzione dei servizi, quando sono state spese risorse per fare esami nei fine settimana, chiuse le Ulss per accorparle e costituita l’Azienda Zero, senza ammettere che ci sia un fallimento del governo politico regionale vuole semplicemente dire che si nascondono i problemi con operazioni disperate. Il presidente dovrebbe battersi subito per aumentare le borse di specialità, rinnovare il contratto di lavoro dei medici scaduto da 10 anni e far lavorare le persone in condizioni adeguate. I medici non partecipano ai concorsi perché nel privato sono pagati meglio. Ci piacerebbe - conclude Giordano - sapere anche quante risorse la Regione investirà su questa scelta e quanto verranno retribuiti questi medici».

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